Usa: Ore di spasmodica attesa per il voto sulla riforma sanitaria voluta da Obama

Pubblicato il 21 Marzo 2010 - 10:10| Aggiornato il 22 Marzo 2010 OLTRE 6 MESI FA

La Camera degli Stati Uniti ha detto sì alla riforma della sanità voluta dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Il testo è stato approvato con 219 voti favorevoli e 212 contrari. Prima di diventare legge, ora, la riforma attende solo la firma del presidente.

“Come diceva Abraham Lincoln, non sono obbligato a vincere, ma sono obbligato a dire la verità”. Mancano poche ore al voto finale sulla riforma della sanità e Barack Obama nel suo appello finale, l’ultimo, il più solenne, rivolto ai deputati del suo partito a Capitol Hill, cita per ben tre volte le parole del suo modello, l’uomo che, avvocato come lui, pose fine alla schiavitù.

Un intervento intenso, ricco di suggestioni emotive, in cui il primo presidente nero degli Stati Uniti è tornato nei panni del candidato, del politico appassionato che vuole convincere i suoi interlocutori sulla bontà dei suoi ragionamenti.

Secondo la Cnn, oggi avrebbe già inaugurato lo stile che seguirà in vista delle elezioni di mediotermine di novembre. A preoccuparlo le resistenze dei deputati anti-abortisti. Le trattative continuano e forse con un decreto ad hoc riuscirà a rimuovere il loro dissenso. “So che domenica sarà un voto duro, ma sono fiducioso – osserva Obama – perché sono convinto che sia la cosa giusta da fare”.

Quindi torna alla carica, toccando le corde più profonde dei deputati: “Se ognuno di voi crede che questa legge non sia un miglioramento dello status quo, in cui persone sono costrette a morire senza cure, o a vendere la propria casa perché non hanno i soldi per pagare il medico. Se credete onestamente dal profondo del cuore che è così, allora votate no. Se invece credete che il sistema attuale non funziona, che le assicurazioni non fanno sempre gli interessi dei cittadini, allora votate questa riforma. Non vi chiedo di farlo per me, o per il partito democratico, ma per il popolo americano, per quelle persone che non ce la fanno e hanno bisogno d’aiuto”. Quindi, quasi commosso, Obama si mette a leggere le lettere che riceve quotidianamente. Raccontano storie drammatiche di persone in carne ed ossa che non hanno nessuna copertura medica.

“So che questa legge non è perfetta. Non ci sono delle parti che ognuno di voi avrebbe voluto che ci fossero. Questo vale anche per me. Però si tratta del più grande intervento legislativo per migliorare la vita degli americani. Per questo sono convinto che passerà. In fondo è per questo che sono entrato in politica, che mi sono sacrificato. E’ perché credo nel mio paese e credo – conclude tra gli applausi – nella nostra democrazia”.

Parole accorate, mentre al Campidoglio ormai vive in perenne cardiopalma per un voto che, in un modo o nell’altro, segnerà profondamente non solo il futuro della presidenza di Obama ma della politica americana. Il totovoto, aggiornato in tempo reale dai tanti media che seguono ininterrottamente ogni più piccolo movimento, conferma la grande suspense.

Tutto si gioca su un pugno di voti. La soglia fatidica è di 216 sì. Basta fare due conti per capire che bastano 38 no per affossare la legge. Al momento i contrari sicuri sono 31. Quindi il destino della riforma a cui Obama ha dedicato da un anno a questa parte 54 comizi, manifestazioni in 12 stati e ben 13 radio messaggi settimanali, lo decideranno 7 deputati ancora indecisi.

Intanto la rabbia dell’opposizione scoppia dentro e fuori Washington. Se passa la riforma, più di 30 stati a guida repubblicana sono pronti a ribellarsi contro una legge che a loro dire è incostituzionale. L’iniziativa è promossa dal governatore dell’Idaho, Butch Otter, secondo cui con questa legge il governo federale finisce per “usurpare poteri” che appartengono ai singoli stati. Ma sulla strada della rivolta potrebbero seguirlo tantissimi altri governatori conservatori.