ROMA – Le imposte arrivano a pesare oltre un euro al litro: e così, anche se il prezzo del greggio cala, la benzina alla pompa continua a costare di più. Un prezzo destinato a non calare, sia per i “costi di raffinazione” che i petrolieri fanno pesare sempre di più, sia per e imposte che applica lo Stato.
Spiega Giuliano Balestreri su Repubblica:
Un passo alla volta, un centesimo in più ogni tanto, il peso delle tasse sul carburante ha sfondato quota un euro al litro: lo Stato incassa, tra Iva e accise, 1,012 euro per ogni litro di “verde”. Abbastanza per capire come mai il crollo delle quotazioni del petrolio, complice la crisi economica e la svalutazione dello yuan cinese, non riesca a portare il giusto sollievo alle tasche degli italiani alle prese con le vacanze estive. Il calo del greggio non è mai accompagnato da un corrispondente calo dei prezzi al distributore. Basti pensare che da inizio anno le quotazioni del Brent – il pregiato petrolio del mare del nord – è calato del 15% (il 6,3% depurato dall’effetto cambio), mentre il prezzo della verde – rilevato dal ministero dello Sviluppo economico – è salito del 4%. Eppure con le accise ferme ad aumentare è stato solo il prezzo industriale della benzina, l’unica variabile che dipende direttamente dalle compagnie petrolifere, passato da 0,539 a 0,562 euro al litro. I petrolieri si giustificano spiegando di essere loro ad assorbire i rialzi delle quotazioni del greggio per evitare pesanti ricadute sui consumatori finali. Come a dire che l’aumento dei margini quando le quotazioni della materie prime calano sono solo una sorta di risarcimento.