Beppe Grillo visto da Francesco Merlo: Ciceruacchio e il grillismo “di strada e di Rete”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Aprile 2013 - 12:11| Aggiornato il 5 Febbraio 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Francesco Merlo su Repubblica, in un pezzo dal titolo “Aspettando il capo invisibile” racconta la piazza che aspettava Beppe Grillo: un nuovo Ciceruacchio che sbraita contro i potenti atteso da una massa di grillini, che “di persona” – secondo Merlo – sono molto meglio che sulla Rete:

«C’è NEL “grillismo di strada” una cordialità senza nulla di sbracato che è il contrario del “grillismo di Rete” che è invece furia sorda e ferocia. E infatti ridiamo pure di Grillo con una coppia di grillini, Eva e Roberto, che non somigliano ai terribili parlamentari che sembrano “posseduti”. Questi insomma non hanno l’antipatia antropologica di Crimi e della Lombardi, e sono invece scanzonati militanti, delusi perché «volevamo goderci Beppe».

[…] La novità dunque è che per la prima volta forse Grillo ha avuto paura del mostro che tiene al guinzaglio, finalmente si è spaventato di se stesso. «Il golpe », «la morte della democrazia», «andiamo a Roma a milioni»: tutto era pronto per la solita esibizione di Grillo che, nelle piazze come questa, sembra il capo tribù dei Maori, quelli che si tatuano il viso con il moko e ballano lo huka dei maschi aggressivi. Grillo urla «inciucio, colpo di Stato», proprio come il leader degli aborigeni neozelandesi grida «Ka mate, Ka mate» (morte, morte). La risposta dei maori è «ka ora, ka ora» (vita vita), quella dei grillini è «a casa, a casa». Ieri la piazza di Montecitorio si riempiva a mano a mano che si avvicinava l’arrivo di Grillo. Ogni tanto un’onda si spostava verso un qualcosa che sembrava accendersi, «c’è Beppe, c’è Beppe». Ma erano fuochi fatui. Ed era in fondo un divertimento di piazza che però con l’andar del tempo è diventato tensione perché i più facinorosi non volevano crederci che il capo non veniva: «Noi siamo in piazza e lui si caga sotto» dice uno che lavora nelle ferrovie. Crimi ci ha messo venti minuti per convincere i più tenaci a tornarsene a casa.

[…] Qui ci sono quelli di Rifondazione, i cani sciolti, quelli che manifestano da tutta la vita, e poi le organizzazioni alternative, i rivoluzionari di professione, singoli militanti di Sel, sono i “compagni” che ogni tanto vedono arrivare un sessantotto e non vogliono perderselo: per tutti loro «Rodotà è di sinistra e Napolitano è di destra». Anche fisicamente sono diversi dai grillini, che sebbene siano rumorosi, e tanto più rumoreggiano quanto più si avvicina l’ora di Grillo, sorprendentemente nella piazza vera non sono, come dicevo all’inizio, aggressivi come nella piazza senz’aria del web, sono gente dall’aspetto semplice e dimesso e non sembrano neppure i simili dei cittadini istituzionali che si sentono la nuova classe dirigente del paese. Anzi qui, c’è molta correttezza. […] Insomma ciascuno di loro non somiglia al se stesso che sulla Rete insulta, forse perché si va al computer come si va in bagno o forse è un’infezione questa Rete che comunque non dà vera solidarietà, al massimo ti protegge con il retweet. In piazza invece la protesta, come oggi, è pur sempre concerto. La Rete rende peggiori tutti o solo i grillini? O forse più si avvicinano a Grillo e al suo mondo e più i grillini gli somigliano. Sicuramente il Grillo peggiore è quello che ha inveito contro il Bersani sconfitto.

[…] E inoltre il leader che davvero vince diffida sempre della propria vittoria perché sa che i suoi fumi lo possono sconfiggere. Tiene insomma a freno, un vincitore intelligente, gli umori nebbiosi che si sprigionano dal successo. Forse per questo ieri, obnubilato, Grillo ha organizzato a Roma una manifestazione e poi ne ha avuto paura. È vero che a differenza di tutti gli altri populismi europei Grillo è riuscito a catturare e magari anche a conquistare un pezzo della rispettabilità italiana ma è la vittoria il suo problema. Sa che non c’è nulla nel sacco che tiene in mano. Si credeva uno stratega perché infilandosi nella contraddizione della sinistra ha lanciato la candidatura di Rodotà, ma come Charlie Chaplin che prende a calci la mappa dello Stivale è stato battuto dalla ri-candidatura di Napolitano.

[…] E si ispira, sia pure in versione genovese, a Ciceruacchio, quando conta il suo popolo a milioni di milioni e straparla di «fine della democrazia», «giornata nera della repubblica». Ciceruacchio, che in romanesco vuol dire cicciottello, era un tribuno della plebe dagli occhi di fuoco, la barba risorgimentale e i capelli lunghi e ribelli che organizzava assalti a conventi e derubava i preti. Ne parlo con un grillino che porta pure il fermocravatta, anche lui si presenta con il nome: Enzo. Ammette che in fondo sarebbe molto più efficace, invece di invocare il golpe, criticare la rielezione di Napolitano perché si rischia, anche con lui, il déjàvu che è uno stato confusionale del Paese, una fuoriuscita dal tempo reale, sostenibile solo quando è un lampo di pochi secondi. Qui dura da venti anni e non è mai finita. Tanto più che i bis rischiano di sporcare anche il passato, di ammalare persino la memoria».