Berlusconi condannato. “Il rischio: né guerra né pace” di Stefano Folli

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Agosto 2013 - 14:30 OLTRE 6 MESI FA
Berlusconi condannato. "Il rischio: né guerra né pace" di Stefano Folli

Berlusconi condannato. “Il rischio: né guerra né pace” di Stefano Folli

ROMA – Berlusconi condannato. “Il rischio: né guerra né pace” di Stefano Folli. Qualche punto fermo sulla scivolosa congiuntura politica seguita alla condanna di Berlusconi prova a metterlo Stefano Folli, editorialista politico del Sole 24 Ore. Enrico Letta si spende coraggiosamente per la tenuta delle larghe intese deciso a non farsi logorare che rinnova la fermezza a non voler governare a tutti i costi: segno che il logorio è già iniziato e qualche prezzo lo sta già pagando. Un’alternativa a questo governo non esiste: si rassegni chi a sinistra continua a coltivare improbabili alleanze con i 5 Stelle. Lo spirito costruttivo con cui i capigruppo Brunetta e Schifani si sono presentati al Capo dello Stato  a chiedere “agibilità politica” per Berlusconi, che a questo punto dovrebbe, anche lui, rassegnarsi e accettare la condanna, perché margini di azione restano in ogni caso di qui a un anno.

Non in carcere, naturalmente, ma valutando che i servizi sociali al dunque offrono un maggior grado di libertà. Al tempo stesso è interesse del Pdl non meno che del Pd far maturare un accordo in Parlamento sulla riforma della giustizia. Una riforma equa, ovviamente, non una legge «ad personam» mascherata. E di sicuro non potrebbe essere Berlusconi a negoziarla. Una volta fatta la riforma, ci sarebbe spazio per chiudere con un’amnistia i carichi di una lunga stagione.

Le incognite di una navigazione travagliata restano tante e potenzialmente pericolose per un governo che ha davanti a sé tutta una serie di impegni e riforme da onorare, dall’Imu alla legge elettorale. “Il rischio: né guerra né pace”: il titolo dell’articolo sintetizza le preoccupazioni circa una stagnazione dell’azione di governo, l’impasse generato con i due litiganti bloccati in un eterno sterile duello (viene in mente l’ossessione de “I due duellanti”, vecchio film di Ridley Scott). In ogni caso, soprattutto per chi spera di correre presto alle urne, la strada obbligata è la riforma della legge elettorale, magari a partire proprio da un accordo Pdl-Pd che, seppure confermerebbe i 5 Stelle nella convinzione chje si tratti di un vergognoso inciucio, è anche l’unica via percorribile. E, sebbene nessuno ne parli, sul tavolo esiste la proposta Violante per iniziare la discussione. Letta può costringere, sulla base della forza delle cifre e dei bollettini sui conti pubblici, i partiti di maggioranza a non disperdere il cosiddetto dividendo della stabilità.

Stabilito che il governo Letta non cadrà in agosto sotto le macerie del berlusconismo, ci sono almeno due punti da chiarire in fretta. Due punti che s’intrecciano fra loro come tutti gli aspetti di questa confusa vicenda. Il primo riguarda il rischio che il governo delle larghe intese, pur sopravvivendo, sia sottoposto a un processo di lento e inesorabile logoramento. Il secondo investe lo stesso Berlusconi e la sua speranza (o pretesa) di restare sulla scena nonostante la condanna. La prospettiva di un governo in apparenza salvo, ma in realtà minato alla radice dalla crescente incomunicabilità fra i partner è ben presente a Palazzo Chigi. Giusto chiedere garanzie al Pdl e al Pd, a patto di non credere davvero che basti una formale quanto generica promessa di lealtà per evitare gli scogli di settembre. Meglio affidarsi alle cifre della Banca d’Italia e a quel vago sentore di ripresa su cui hanno posto l’accento il ministro Saccomanni e il governatore Visco.