Elezioni comunali, per 2 italiani su 3 saranno test per Pd

Elezioni comunali, per 2 italiani su 3 saranno test per Pd
Elezioni comunali, per 2 italiani su 3 saranno test per Pd

ROMA – Le elezioni amministrative nei Comuni italiani  della primavera 2016 saranno un test nazionale per il Partito Democratico. Due italiani su 3 lo ritengono che i risultati nei Comuni saranno un “importante riflesso politico”, scrive Nando Pagnoncelli nel sondaggio per il Corriere della Sera. Il 49% dei sostenitori del Pd, spiegano nel sondaggio, vogliono un asse a sinistra mentre il restante 49% vorrebbe che il partito puntasse al centro o per la corsa solitaria.

Pagnoncelli sul Corriere della Sera spiega  che nonostante si tratti di elezioni amministrative, e quindi Comunali, per il 64% degli intervistati si potrà capire il clima di apprezzamento politico a livello nazionale. Un pensiero non condiviso dal 215 degli intervistati, che sostengono che le elezioni nei singoli Comuni non hanno nulla a che vedere con l’apprezzamento o meno del governo:

“Sono di questo parere soprattutto gli elettori del Pd (56%) mentre tra gli elettori degli altri partiti, nessuno escluso, prevale l’opinione che si tratterà di un test per il governo. Quanto alle motivazioni di voto, un italiano su tre (35%) prevede che gli elettori coinvolti voteranno premiando i sindaci che hanno lavorato bene e tenendo in considerazione i programmi migliori; al contrario il 45% è convinto che gli elettori chiamati al voto vogliano cambiare e privilegeranno volti nuovi, anche senza esperienza.

Anche in questo caso gli elettori del Pd si distinguono dagli altri immaginando un voto più influenzato dall’operato dell’amministrazione uscente e dai programmi (68%); l’elettorato di Forza Italia si divide, mentre gli elettori degli altri partiti prevedono che sarà maggioritaria la domanda di cambiamento.

Chi ha più probabilità di vincere? Prevale l’incertezza: 35% ritiene difficile prevedere chi vincerà, perché dipende dai candidati che si presenteranno e un altro 10% non si esprime. Tra coloro che formulano una previsione prevale il M5S (29%), mentre centrodestra (14%) e Pd (12%) sono sostanzialmente allo stesso livello nei pronostici degli italiani.

Da ultimo, la strategia elettorale del Pd per vincere le elezioni comunali. Le opinioni sono molto divise: il 25% crede sia opportuna un alleanza con le forze di centro, riproducendo la coalizione del governo nazionale; il 23% ritiene che il Pd debba correre da solo e il 21% in alleanza con la sinistra. Un terzo degli intervistati non si esprime in proposito. Tra gli elettori del Pd si registra una netta spaccatura: il 49% è convinto che, per vincere, il partito si debba alleare con la sinistra e il restante 49% propende per la corsa solitaria o l’alleanza con i partiti di centro”.

Quello che emerge, sottolinea Pagnoncelli, è una domanda di cambiamento anche se le motivazioni tra gli elettori sono decisamente differenti:

“Talora viene reclamato il cambiamento anche da parte di elettori che esprimono elevato apprezzamento per il sindaco e l’amministrazione uscente. E la stagione del cambiamento è iniziata proprio con le precedenti elezioni comunali del 2011, nella quale in diverse importanti città si affermarono i sindaci arancioni che furono seguiti dall’eclatante affermazione del Movimento 5 stelle alle politiche del 2013 e alla successiva fase politica renziana caratterizzata dalla rottamazione. Questo processo ha determinato l’aumento dell’aspettativa di cambiamento e l’impazienza dei cittadini, spesso mettendo in difficoltà i nuovi arrivati che rischiano di subire le conseguenze di una domanda che loro stessi hanno contribuito ad affermare.

In secondo luogo la richiesta di cambiamento è determinata dal rapporto tra centro e periferia del Paese. Se a livello centrale si è attuato un rinnovamento profondo (basti pensare alla leadership di tutti i partiti, con l’eccezione di Forza Italia, alla composizione del Parlamento e a quella del governo), in periferia non è accaduto lo stesso. La crisi dei partiti, molti dei quali privi di un radicamento territoriale, nonché la resistenza di leadership e gruppi di potere locali rendono evidente il contrasto.

Da ultimo, si rileva un forte logoramento nel rapporto tra cittadini e sindaco, di cui abbiamo trattato nel sondaggio di inizio ottobre: solo il 6% ritiene che i Comuni amministrino bene le risorse pubbliche e al contrario il 53% è convinto che facciano molti sprechi, inoltre il 42% pensa che il proprio sindaco appartenga alla «casta».

In questo clima verrebbe da chiedersi perché mai un cittadino dovrebbe candidarsi a fare il sindaco del proprio Comune: infatti, la crisi economica ha aumentato le domande di servizi locali, la riduzione delle risorse a disposizione delle amministrazioni ha ridotto la loro capacità di intervento e i cittadini sono sempre più esigenti, insoddisfatti e convinti di avere una ricetta per cambiare. E i compensi dei sindaci non sono certo da nababbi. C’è da riflettere”.

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