Fmi difende Imu, Morsi, Restitution day: rassegna stampa e prime pagine

ROMA – Il Fondo monetario: l’Imu resti. Il Corriere della Sera: “«Ragioni di equità e di efficienza». Le invocano i tecnici del Fondo monetario internazionale per sostenere che l’Italia dovrebbe mantenere, anziché abolire l’Imu, la tassa sugli immobili. Il Pdl insorge: si facciano i fatti loro. Intanto il presidente della Bce, Mario Draghi, sorprende i mercati annunciando che i tassi in Europa resteranno allo 0,5% o anche più bassi per un lungo periodo.”

Una relazione indispensabile. L’editoriale a firma di Angelo Panebianco:

“Per chi crede che la storia si riduca a una successione di complotti, la crisi dei rapporti euro-americani innescata dalle rivelazioni di Edward Snowden sullo spionaggio statunitense ai danni dell’Europa, è solo una conferma. Per i patiti dei complotti, cinesi e russi hanno manovrato la marionetta Snowden per mettere nei guai Obama e suscitare un’ondata di sdegno antiamericano in Europa. L’obiettivo? Compromettere le trattative per l’accordo di libero scambio fra Stati Uniti e Europa, la Ttip (Transatlantic trade and investment partnership) un accordo che, in prospettiva, potrebbe dare un salutare colpo di frusta all’economia euro-atlantica ma anche, forse, contribuire a falsificare le più cupe profezie sul «declino dell’Occidente» e l’inarrestabile ascesa dell’Oriente. Per chi non crede alle teorie del complotto, semplicemente, Snowden e le sue rivelazioni sono un regalo del cielo, una opportunità insperata, che russi e cinesi hanno sfruttato e sfruttano. La condotta giusta da tenere è quella indicata dal nostro ministro degli Esteri, Emma Bonino: da un lato, esigere con fermezza spiegazioni dall’Amministrazione Obama e, dall’altro, tenere a bada coloro che soffiano sul fuoco per aggravare la crisi in atto nei rapporti euro-americani. Una crisi che, probabilmente, prima o poi, verrà in qualche modo ufficialmente superata (tutti hanno troppo da perdere), ma che lascerà comunque dietro di sé una scia di veleni. Rendendo ancora più difficile di quanto già non apparisse in partenza (prima delle rivelazioni di Snowden) portare a compimento l’accordo sulla Ttip.”

Morsi e i «suoi» agli arresti Il pugno dell’esercito sui Fratelli musulmani. L’articolo a firma di Cecilia Zecchinelli:

“La parola d’ordine è ora non perdere tempo: accelerare la transizione per dimostrare al popolo e al mondo che quello di mercoledì non è stato un golpe, garantire la sicurezza per evitare reazioni della Fratellanza sconfitta e umiliata che per oggi promette un venerdì di proteste, portare finalmente il Paese sulla via della normalità. All’indomani della plateale deposizione del raìs Mohammed Morsi da parte del capo dei generali Ahmad Fatteh Al Sisi sostenuto dall’opposizione e dai leader religiosi, a soli cinque giorni dall’esplodere della Ribellione con milioni di persone che urlavano «vattene» al presidente, l’Egitto sembra essersi risvegliato dal caldo e dalla tradizionale lentezza, la strategia nazionale del «bukra inshallah», domani se Dio lo vorrà, pare svanita di colpo. Già la destituzione di Morsi era avvenuta in tempi record. Ieri il nuovo presidente ha giurato. Il rispettato capo dell’Alta corte Adly Mansour ha salutato i giovani che hanno «corretto il cammino delle gloriosa rivoluzione del 25 gennaio 2011», promettendo la «riconciliazione tra le forze politiche» compresa la Fratellanza se lo vorrà, anche se ne è già noto il rifiuto. Parole che in parte hanno riecheggiato quelle sentite dal fronte anti-Morsi, così come il nuovo raìs è un’emanazione di quelle forze e rimarrà in carica solo fino alle elezioni. A breve è atteso un suo proclama con dettagli e forse date della roadmap di transizione, dopo i passi già compiuti nelle ultime ore: la sospensione della Costituzione della Fratellanza e lo scioglimento del Senato, l’unica camera finora funzionante. Riunioni serrate intanto si sono tenute per formare un governo ad interim, alcuni ministri sarebbero stati decisi ma sul premier non c’è ancora accordo. Mohammad ElBaradei avrebbe respinto l’incarico, anche per l’opposizione dei salafiti di Nur unitisi al fronte anti-Morsi. I nomi che circolano ora sono di tecnici puri.”

Corano e colonnelli. L’eterna tentazione. L’articolo a firma di Sergio Romano:

“Si sbarazzò dei mamelucchi (una oligarchia militare che controllava il Paese in nome del Sultano), ottenne dall’Impero una sorta d’investitura, creò una dinastia e avviò la modernizzazione del Paese ricorrendo a tecnici, istruttori e amministratori europei. Viene scritta così la prima legge fondamentale dello Stato arabo in epoca moderna: il ceto sociale più adatto alla sua modernizzazione è quello dei militari. Hanno constatato, a loro spese, la potenza degli eserciti europei. Si sono familiarizzati con le loro armi. Hanno frequentato le loro scuole. Hanno potuto misurare la distanza che separa le società arabe dalle società occidentali. Hanno capito che la religione è una componente essenziale dell’identità nazionale, ma può essere un ingombrante ostacolo sulla strada della modernità. Hanno un personale interesse all’esercizio del potere e possono governare, nella migliore delle ipotesi, a vantaggio della nazione. Questa «via militare al progresso» diventa ancora più rigorosa ed efficace quando l’azione si sposta nel cuore europeo dell’impero (Costantinopoli, Salonicco, Smirne) e ha nuovi protagonisti nella persona dei giovani ufficiali che escono dalle accademie militari alla fine dell’Ottocento. Hanno studiato all’estero, hanno fatto un apprendistato diplomatico nelle ambasciate ottomane, hanno combattuto contro gli italiani in Libia, contro i greci, i bulgari, i serbi e i montenegrini nelle guerre balcaniche, hanno assistito con grande amarezza e forti sentimenti di umiliazione al declino dell’Impero. Il loro modello militare è la Germania di Guglielmo II, con cui la Turchia ha ormai una solida alleanza. Il loro modello civile, anche se adattato alle condizioni locali, è quello democratico diffuso dalle logge massoniche soprattutto là dove esiste una maggiore influenza francese. Il nome con cui desiderano essere chiamati è quello di «giovani turchi». Quando Winston Churchill, allora primo Lord dell’Ammiragliato, decide nel gennaio del 1915, pochi mesi dopo lo scoppio della Grande guerra, di colpire la Turchia a Gallipoli con lo sbarco di un corpo composto da truppe del Commonwealth, uno di essi coglie gli invasori di sorpresa e rovescia le sorti della battaglia. Si chiama Mustafà Kemal, ha 34 anni, è colonnello.”

Letta passa l’«esame»: rilancio in 4 mosse. L’articolo a firma di Marco Galluzzo:

“Una sorta di agenda in quattro punti spalmata su 18 mesi. Con una cabina di regia rafforzata e più sistematica. Da oggi sino alla fine del semestre italiano di presidenza della Ue. La riunione di maggioranza di ieri mattina, a Palazzo Chigi, è stata «molto positiva, c’è un buon rilancio del programma di governo e soprattutto c’è questa idea di una road map che vada verso il completamento di 18 mesi di lavoro e che prevede quattro fasi e quattro obbiettivi». Enrico Letta esprime soddisfazione. «Ero e sono ottimista». Poco dopo le otto del mattino, insieme al vicepremier Angelino Alfano e al ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, la riunione di maggioranza, con i capigruppo dei tre partiti che sostengono l’esecutivo, è costruttiva e permette al presidente del Consiglio di fare una sintesi ottimistica: «Questi 18 mesi sono convinto che faranno ripartire l’economia italiana e consentiranno quella riforma della politica che è l’obiettivo principale del mio governo». L’analisi dell’incontro Letta la fa al fianco del premier libico, che vede subito dopo (anche se al traduttore dice di risparmiare all’ospite le tribolazioni della politica italiana). È un’analisi divisa in tappe e risultati: «Il primo obiettivo, quello più difficile, è la soluzione sull’Iva e sull’Imu: le cose più complicate perché avvengono con il bilancio 2013 che è ancora rigido e non gode della flessibilità» decisa dalla Ue per i Paesi virtuosi.”

Il Fmi: tagliate le spese ma non abolite l’Imu. La Stampa: “Per il Fondo monetario internazionale l’Imu sulla prima casa non andrebbe cancellata. Saccomanni dice che il governo ne terrà conto, frase che appare di cortesia («l’obiettivo è trovare un consenso all’interno della coalizione», dirà poi il ministro), ma che scatena l’ira del Pdl. Letta, intanto, avverte: difficile trovare le coperture, anche per l’Iva. La Bce lascia i tassi ai minimi.”

Il Fmi: “L’imposta sulla casa andrebbe tenuta”. L’articolo a firma di Roberto Giovannini:

“Quel «terremo conto dell’opinione del Fondo Monetario» sull’Imu detto dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni era apparso soprattutto come una espressione di pura cortesia nei confronti degli ospiti della delegazione del Fmi seduti accanto. Tanto è vero che subito dopo l’ex dirigente di Bankitalia ha detto chiaramente che sull’Imu – che per il Fondo non dovrebbe essere cancellata nemmeno per le prime case – «l’obiettivo è trovare un consenso all’interno della coalizione». Una presa di distanza che però non è bastata: tutto il Pdl è andato all’attacco dei supertecnici venuti da Washington e del ministro pronto ad accogliere i loro diktat. La verità è che in effetti Saccomanni – e come lui la pensano oltre all’Fmi anche l’Ocse, l’Ue, Confindustria, i sindacati e la stragrande maggioranza degli economisti – è convintissimo che in questa situazione di ristrettezza di risorse un alleggerimento dell’Imu non sia la priorità. Meglio spendere quei danari per ridurre le tasse su lavoro e impresa o favorire le assunzioni. Nei primi giorni di vita del governo ha difeso questa linea. Poi, d’intesa con Letta, ha fatto buon viso a cattivo gioco, accettando un taglio dell’Imu «a costi invariati»: cioè non tutte le prime case saranno esentate, e quel che risparmierà qualcuno pagherà in più un altro.”

Restituiti 1,5 milioni Cinque Stelle in festa ma Grillo non c’è. L’articolo a firma di Andrea Malaguti:

“«1.569.951,58 milioni di euro restituiti. Stiamo scrivendo la Storia!». Il tweet di Beppe Grillo (inevitabilmente enfatico) arriva alle sette di sera, mentre i suoi parlamentari sono in piazza Montecitorio a cercare l’abbraccio di una folla che non c’è. Oltre la transenne, nel giorno migliore per il Movimento Cinque Stelle da quando è cominciata questa complessa avventura nei Palazzi del Potere, si contano cinquanta militanti, volenterosi e decisamente euforici. Non è l’onda Rodotà, ma l’impressione è che si tratti di un nuovo piccolo inizio. Grida. Foto. Slogan. «Siamo noi, siamo noi, i migliori dell’Italia siamo noi». Folklore che va curiosamente a braccetto con la sostanza. «Se anche gli altri partiti facessero lo stesso, lo Stato risparmierebbe ogni anno tra i quaranta e i cinquanta milioni».”

Mediaset, la difesa di Coppi “Calpestato il codice”. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“La prospettiva sempre più drammatica di finire dietro le sbarre (nemmeno l’età lo metterebbe al riparo dalle patrie galere) spinge in queste ore Berlusconi a soppesare una mossa politica lucida e, insieme, disperata. Sta seriamente pensando di recarsi a un banchetto dei Radicali, e di sottoscrivere davanti alle telecamere i cinque referendum «per la Giustizia giusta». Chiaro che i suoi elettori sarebbero invitati a fare altrettanto. Al Cavaliere interessano i quesiti sulla responsabilità civile dei magistrati, sulle toghe fuori ruolo e sulla separazione delle carriere; meno quelli di ispirazione schiettamente liberale che mirano a cancellare l’ergastolo nonché a mettere un freno alla custodia cautelare. Ma l’impatto politico sarebbe formidabile, e Pannella si domanda con stupore come mai Silvio ancora non si decida a sfruttare la grande chance referendaria per piazzare una mina sotto al sistema… Fonti di casa ad Arcore garantiscono che «ci siamo quasi». Ieri all’alba, «tweet» premonitore della Santanché, periscopio del sommergibile berlusconiano. La decisione sembrerebbe matura. Anche perché la fiducia dell’ex-premier nella giustizia è direttamente proporzionale alla speranza di vedere accolte le proprie ragioni: cioè zero. Dai diritti Mediaset a Ruby, finora ha sempre incassato il massimo della pena. È certo che il 19 luglio verrà rinviato a processo per corruzione di senatori, e molti indizi fanno pensare che finirà allo stesso modo a Bari per l’inchiesta sulle «escort» («C’est la vie», prova a sdrammatizzare un personaggio dell’entourage, «anzi c’est Lavitola…»).”

Datagate, l’Italia dice no a Snowden “Ma via ai negoziati”. L’articolo a firma di Antonella Rampino:

“L’Italia ha chiesto spiegazioni sul Datagate agli Stati Uniti, e attende risposte. Ma quando lunedì prossimo a Washington si terrà il primo incontro sulla vicenda tra Europa e Stati Uniti, contemporaneamente a Bruxelles partirà tra le due aree transatlantiche il negoziato per l’accordo di libero scambio. Quando Emma Bonino dà l’annuncio, davanti a ben tre Commissioni -Esteri, Difesa, e Affari costituzionali- dei due rami del Parlamento, fa di tutto per spiegare che con questo non si deve intendere che il caso è chiuso. «La sicurezza dei Paesi europei resta intrinsecamente legata a quella americana attraverso la Nato e la collaborazione leale tra le intelligence» e l’Italia «ha fiducia nelle parole del presidente Obama». Ma la vicenda Datagate «va chiarita o può nuocere sia agli Stati Uniti che all’Italia». In gioco c’è «non solo il diritto alla riservatezza, ma un bene delle relazioni internazionali: la fiducia». E allo stesso modo, però, sarebbe sbagliato mettere in questione l’accordo di libero scambio, usarlo come leva. Bonino l’aveva detto anche la sera prima a David Thorne, a quattr’occhi: da un alleato come gli Stati Uniti ci aspettiamo chiarimenti esaustivi.”

Metodo Guardiola. Il Bayern alla scuola di Pep: “Devo convincerli” La folla lo ammira in silenzio, lui parla in tedesco. L’articolo a firma di Roberto Condio:

“I migliori sono in Italia. Quel che nel calcio non capitava più da tempo, da ieri è realtà. Solo fino a venerdì prossimo, però. Perché poi la squadra padrona del 2013 e il tecnico che dal 2009 al 2012 ha fatto il pigliatutto torneranno a casa. Intanto, però, il Bayern Monaco e Pep Guardiola sono tra noi. Alloggiano a Riva, si allenano ad Arco. Stanno sul Garda, il mare dei bavaresi, in mezzo a una folla adorante ma compostissima, come da cliché. Prendete la prima sgambata, tutta torelli e controllo-palla: qualche applauso all’inizio e stop. Nemmeno l’ombra di un ultrà, non un coro né uno schiamazzo. Non fosse stato per l’urlo «Andrea Andrea» rivolto da 4-5 interisti a Stramaccioni, invitato dal collega catalano, non sembrava nemmeno di stare in Italia. Anche perché qui, a differenza di quel che capita d’estate con molte nostre big, agli allenamenti la gente entra gratis.”

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