Francesco Storace: “Vilipendio contestato solo a me. Andrò in carcere”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Ottobre 2014 - 08:25 OLTRE 6 MESI FA
Francesco Storace: "Vilipendio contestato solo a me. Andrò in carcere"

Francesco Storace: “Vilipendio contestato solo a me. Andrò in carcere”

ROMA – “Se mi condannano e non mi arrestano, mi toccherà ogni giorno reiterare il reato, ogni giorno, sul Giornale d’Italia”: parola di Francesco Storace, reo di aver usato nel 2007 la parola “indegno” riferendosi al Capo dello Stato.

Il 21 ottobre ci sarà la sentenza a suo carico per vilipendio sulla base di un abbastanza polveroso articolo 278 del codice penale

L’intervista a Alessandra Longo di Repubblica.

Storace, ma come è finito dentro questa storia?
«Era il 2007, governo Prodi. Feci una fortissima polemica contro il sostegno dei senatori a vita all’esecutivo in carica. Uno dei miei giovani usò sul blog la parola “stampella” parlando di Rita Levi Montalcini. Lei scrisse al vostro giornale, Napolitano la ricevette e definì l’attacco “indegno”. Io gli risposi, politicamente, con le sue stesse parole: “Semmai è indegno il capo dello Stato”. Fu una scelta di comunicazione, pensai che finissi lì».
Il reato di «lesa maestà» è perseguibile su autorizzazione del ministro della Giustizia.
«Appunto. Lo scoprii in quell’occasione. Mastella, allora Guardasigilli, diede il via libera in 48 ore».
Ed è partita la macchina. Lei poteva fermarla, facendo autocritica.
«Nel 2009 io non ero più senatore ma il Senato dichiarò l’insindacabilità delle mie opinioni. Io scrissi al presidente una lettera che più o meno diceva: “Caro presidente, ora che mi è stato riconosciuto di avere titolo a fare quelle dichiarazioni, devo ammettere di aver ecceduto nei toni e vorrei venire a chiarirmi con lei al Quirinale”».
Ci è andato?
«Sì, certo, mi ha ricevuto quindici giorni dopo. Incidente chiuso, mi scriverà Pasquale Cascella, suo portavoce. Non solo. Successivamente il capo dello Stato ha così dichiarato ai giornalisti: “Non mi opporrei se il Parlamento abrogasse l’articolo 278”».
Il Parlamento non ne ha discusso. La proposta di abrogazione è calendarizzata in questi giorni su iniziativa del suo amico Gasparri e dei 5Stelle. Però il 21 ottobre è vicino…
«Appunto. Il capogruppo grillino ha detto: “Non c’è fretta, non dobbiamo accelerare per Storace”».
Niente leggi ad personam.
«Qui siamo alla legge contra personam. Ne scrivo oggi sul Giornale d’Italia . Solo a me viene imputato un reato per il quale nessun altro è chiamato a rispondere ».
I grillini ne hanno dette su Napolitano.
«Me le sono segnate. Leggo: “boia”; “è morto Giorgio (Faletti,ndr) quello sbagliato”; e ancora: “boia e indegno”. Ma il ministro Orlando tace. Il vilipendio a Cinquestelle non si tocca».
Lo ammetta: lei vuol farsi arrestare.
«Al contrario: io mi voglio far assolvere. I miei detrattori dicono: “Tanto, ti danno la condizionale”. Non hanno capito la battaglia. I miei avvocati Naso e Reboa chiederanno l’assoluzione ma se questo Stato decidesse che esiste il reato di lesa maestà, io non voglio né sospensione né appello. La sera del 21 vado in carcere. Così si accorgeranno tutti della follia. Tutto questo per aver pronunciato la parola ”indegno”? Treccani lo definisce giudizio negativo e non insulto… Ma andiamo! Se uno critica rischia la galera? Devo reiterare il reato per smascherare l’anacronismo della punizione? Ma dove si va a finire? ».
Al fascismo?
«Ecco brava. Può darsi. E dire che ogni giorno ricevo lezione di antifascismo dagli altri».
Chi si è fatto vivo?
«Mi sento solo rispetto alle istituzioni. Si son fatti vivi Gasparri e Fini, molti colleghi di Forza Italia, Giachetti del Pd e ieri, a sorpresa, Luxuria».
Se la condannassero a più di due anni, decadrebbe da consigliere regionale.
«Mi preoccupa di più la galera della poltrona».