Funerali più cari per sistemare precari statali: service tax non basta, manovra?

Pubblicato il 14 Settembre 2013 - 13:34 OLTRE 6 MESI FA
Funerali più cari per sistemare precari statali: service tax non basta, manovra?

Fabrizio Saccomanni: nuove e più tasse per accomodare gli statali

ROMA  – Diventerà più costoso persino morire se, come è molto probabile, saranno tagliate “drasticamente” deduzioni e detrazioni fiscali e, tra tante altre cose, anche le spese per funerali non saranno più scaricabili nel 730, ci informa Marco Conti sul Messaggero di Roma. La spiegazione la dà Roberto Petrini su Repubblica: devono sistemare un po’ di statali precari e non sanno dove prendere i soldi, anche perché i tanto mitizzati e mitici tagli alla pubblica amministrazione restano un mito: forse si vedrà qualcosa nel 2014. In altre parole, non solo nuovi statali entrano ma anche non escono quelli vecchi.

Mentre Enrico Letta parla di bicameralismo perfetto e imperfetto, di cui alla gente importa assai poco, anche se un po’ di più importava a Licio Gelli, il suo Governo, magari a sua insaputa, sembra una fucina del pensiero fiscale, nel senso della spasmodica ricerca di nuove tasse da infliggere agli italiani e a quella parte che ha commesso la colpa più grave, quella di mettere da parte dei soldi.

I padroni non si toccano, gli speculatori meno che mai, però pensionati e proprietari di case, la nuova maggioranza (sempre meno) silenziosa, sembra un grasso pompelmo da spremitura.

Il ministro della Economia, Fabrizio Saccomanni, in una conferenza stampa è stato quasi tranchant e  ha riferito di aver detto ai colleghi ministri delle finanze europei di star tranquilli sul rapporto debito / pil in Italia. Al posto della Imu

“ci sarà la service tax”.

Enrico Letta è stato un po’ più preciso. Come ha scritto Dino Pesole su Sole 24 Ore,

“la futura «service tax», cui sarà affidato il compito di superare la Imu, accorpare tasse sui servizi e Tares Letta assicura che sarà «equa e progressiva, destinerà attenzione alle famiglie numerose, sarà equilibrata e non sfascerà i conti pubblici».

Marco Conti appare meno ottimista che definisce

“nodo politico e finanziario più rilevante [la] ”tassa sulla casa” che, abolita con la Imu, rischia di rientrare dalla finestra e in maniera ancor più corposa. […] Si è trattato di una sorta di abolizione «una tantum» necessaria per dare una sferzata all’economia, ma verrà prontamente reintrodotta seppur in altre forme. In realtà l’abolizione «una tantum» dell’Imu è servita per traghettare il governo di qualche altro mese, […ma quando] il governo avrà meno di una settimana per rendere noti i contenuti della legge di stabilità che consegnerà a Bruxelles, il percorso del governo sarà ad una svolta perché nel Pd, ma ancor più nel Pdl, la reintroduzione dell’imposta sulla casa sotto forma di Tassa sui Servizi, potrebbe diventare un boccone amaro da digerire”.

Dettagli precisi e preoccupanti sono forniti da Roberto Petrini su Repubblica, secondo il quale,

“non si esclude una manovra correttiva per stabilizzare i precari”

senza la quale l’Italia finirebbe per sforare il vincolo del rapporto del 3% fra deficit e pil. Questo spiega perché ancora non si è visto in concreto il

“cosiddetto decreto del «fare 2», circolato in bozze abbondantemente, ma decisamente smentito dal ministero per lo Sviluppo economico”.

“Una norma prevede la stabilizzazione dei 350 mila precari della pubblica amministrazione (già prorogati fino a giugno e dunque fino al 31 dicembre) il cui costo (circa 30 mila euro ciascuno) raggiungerebbe i 3 miliardi. Si tratta in termini di Pil di circa lo 0,2, cifra in grado di portare il rapporto di quest’anno oltre la fatidica soglia del 3 per cento fissato a Maastricht. Il rischio manovra che avrebbe generato la norma, ha procurato il rinvio del decreto. Ma il pericolo è sempre in agguato”.

Il racconto di Carlo Petrini prosegue con il balletto delle cifre:

“Per quest’anno sono necessari circa 4 miliardi: le risorse per Iva (1 miliardo entro fine mese), per Imu (2 miliardi entro dicembre), per cassa integrazione in deroga (circa 550 milioni) e altri 400 per le missioni militari. Il buon andamento dello spread e il maggior gettito Iva per l’operazione «crediti-imprese », potranno essere di aiuto, ma non potranno chiudere la partita per la quale sono necessarie nuove coperture. Altre risorse potranno venire dalla spending review e dalla cessione del patrimonio immobiliare. Tutto verrà tuttavia giocato sul pericoloso filo del 3 per cento”.

Ma s spingiamo lo sguardo al 2014, c’è da avere paura:

“La manovra destinata a trovare risorse potrebbe raggiungere i 10-15 miliardi (dopo i 4 miliardi della Finanziaria 2013). Ebbene il problema Imu-service tax si riproporrà e costerà intorno ai 3 miliardi (insieme al patto di stabilità per i Comuni), se non si vorrà l’aumento dell’Iva bisognerà mettere sul tavolo 3,8 miliardi, per evitare l’aumento dei ticket ci vogliono altri 2 miliardi”.

Poi c’è il cuneo fiscale:

“La Confindustria chiede 5 miliardi per la Irap e i sindacati altri cinque per la Irpef: magari ci si fermerà a metà strada, ma le risorse necessarie si gonfiano e si raggiungono i 10-15 miliardi per la legge di Stabilità del prossimo anno”.

Nessuno parla più del Fiscal compact, il macigno da 20 miliardi all’anno di manovra, eredità di Mario Monti. Fa troppa paura il solo pensarci.

Intanto però è già partito, come se nulla fosse, l’assalto alla diligenza, sotto forma del “decreto del fare 2”, che  poi non si capisce cosa voglia dire, visto che fare qualcosa è il mestiere del Governo.  Forse, leggendo Carlo Petrini, vien da pensare che la parola fare vada collegata con porcate. Infatti

“il «fare 2» rischia di essere il veicolo di micromisure in quanto con tutta probabilità finirà «collegato» alla legge di Stabilità. Per ora si annunciano 80 milioni per la circonvallazione di Lucca, il bando per una centrale a carbone nel Sulcis (Sardegna), l’istituzione di una anagrafe dei benzinai (misura che anche prevederebbe la chiusura di 3 mila distributori non in regola entro il prossimo anno)”.