Livio Caputo vs Boldrini: “Solo parole”, i “nostri minatori non come africani”

Pubblicato il 11 Agosto 2013 - 23:45 OLTRE 6 MESI FA
Laura Boldrini “terzomondista borghese e triste”: Giancarlo Perna sul Giornale

Livio Caputo: “Da Laura Boldrini solo parole”

Laura Boldrini è un personaggio che divide: o suscita appassionate beatificazioni (vedi Repubblica) o critiche anche crudeli (vedi Giancarlo Perna sul Giornale).

Ora tocca a Livio Caputo, giornalista d’altri tempi (diresse la Notte di Milano) ex sottosegretario agli esteri, che a Laura Boldrini ha dedicato un corsivo. Premessa:

“Sull’ Italia si sta abbattendo un vero e proprio tsunami: quello delle centinaia di migranti che ormai ogni giorno sbarcano sulle coste siciliane e calabre, talvolta soccorsi in mare in circostanze drammatiche, ma assai più spesso raccolti dalle nostre navi in base a una semplice segnalazione o (spesso fasulla) richiesta di assistenza non solo nelle acque territoriali italiane, ma anche in quelle maltesi e libiche”.

Arrivano su barconi,

“forniti dai soliti «mercanti di carne umana»”

“Buona parte (con un certo numero di eccezioni, specie nel caso di eritrei e somali che fuggono da condizioni spaventose) sanno di essere «rifugiati economici», e quindi di non avere titoli per ottenere il diritto di asilo e l’agognato permesso di soggiorno. Ma, dopo la bocciatura da parte dell’Onu della politica maroniana dei respingimenti, e la non applicazione perfino degli accordi di rimpatrio immediato conclusi con la Tunisia, i migranti sanno anche benissimo che, una volta posto piede sul suolo italiano e avviato il processo di identificazione, hanno 95 probabilità su cento di rimanerci.

“La signora Boldrini, che quand’era portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati, non perdeva occasione per criticare il modo in cui le nostre autorità affrontavano il problema e due giorni fa ha addirittura avuto l’improntitudine di fare un parallelo tra i rifugiati in arrivo dall’Africa e i nostri minatori morti a Marcinelle, dovrebbe essere contenta”.

Qui Livio Caputo paga pegno alla retorica umanitaria tipica degli italiani brava gente, specie se il problema è di qualcun altro:

“Sui barconi in arrivo ci siano disperati meritevoli di aiuto”

scrive Livio Caputo, senza analizzare un po’ di più perché proprio questi e non altri disperati: stiamo parlando di migliaia di persone, su milioni di disperati e queste poche migliaia probabilmente non sono i veri disperati, visto che possono pagare le migliaia di dollari che servono per il viaggio.

Prosegue Livio Caputo contestando

“la politica delle braccia aperte di chi vorrebbe fare entrare tutti : ciò non toglie che, viste le dimensioni del fenomeno, sarebbe ora che lo affrontassimo in termini anche economici e politici, e soprattutto che ci limitassimo a fare ciò cui siamo tenuti. E non solo col metodo Boldrini, cioè a parole”.

“Ma no, neppure ciò che viene fatto le pare sufficiente. «Siamo stati fortunati che l’abbiano eletta presidente della Camera e non Ministro dell’Interno, altrimenti i migranti dovremmo andare a prenderli direttamente in Africa», ha commentato un prefetto che, ovvio, vuol restare anonimo”.

 

Caputo veste l’attacco alla Boldrini di politica amministrativa e esorta:

“Invece di limitarsi al pietismo, su questa delicata materia bisognerebbe partire dai fatti:

1) I potenziali «migranti», calcolando quelli che attendono sulle coste ormai prive di qualsiasi controllo della Libia e quelli che spingono per raggiungerle, sono milioni e con la politica attuale i viaggi si intensificheranno. Quanti pensiamo di poterne accogliere o, come si dice ora, integrare?

2) Siamo in prima linea sul fronte dell’immigrazione diretta all’Europa, la meta più facile da raggiungere insieme con la Grecia. Quando Bruxelles, al di là degli sforzi un po’ velleitari del Frontex per la sorveglianza delle coste, si deciderà a prendere di petto l’argomento e adoperarsi per una equa ripartizione dei rifugiati tra tutti i Paesi membri?

3) I rifugiati, economici, umanitari o politici che siano, costano e con il mercato del lavoro che ci ritroviamo e la lunghezza delle pratiche, è probabile che dovremo mantenerli (per giunta male) per anni”.