ROMA – Fra Berlusconi e Carlo De Benedetti, con l’appoggio esterno di Beppe Grillo, è divampata una nuova guerra di giornali e di carte bollate che ha come motivi scatenanti il dissesto di Sorgenia, creatura di Rodolfo De Benedetti, figlio di Carlo e la nuova richiesta di soldi, dopo la sentenza della Cassazione per le porcherie commesse 20 anni fa da Berlusconi sulla Mondadori, con l’obiettivo di impadronirsi di Repubblica e di Eugenio Scalfari, oggetto del suo desiderio mai realizzato.
Non è finita anche quando sembra finita, recita il mantra dei duri degli sport più duri. Ma vale anche per certi processi che, di puntata in puntata, nei decenni sembrano acquisire una incomprimibile vita propria: come la saga giudiziaria del lodo Mondadori. Che, per l’appunto, ora si scopre non è ancora finita anche se in Cassazione sono esauriti tutti i gradi di giudizio penale (dal 2001 al 2007) e anche i tre gradi di giudizio civile (questa estate) sulla corruzione giudiziaria che nel 1991, a scapito della Cir di Carlo De Benedetti, propiziò il controllo di Silvio Berlusconi sulla maggior casa editrice del Paese. Per i «danni patrimoniali» arrecati all’editore del gruppo «Repubblica-Espresso» dalla tangente Fininvest di 400 milioni di lire al giudice Vittorio Metta, cioè all’estensore della sentenza della Corte d’Appello civile di Roma che nel 1991 ribaltò a beneficio del Cavaliere l’iniziale lodo di tre arbitri favorevole all’Ingegnere, lo scorso 17 settembre la Cir ha ottenuto in Cassazione di essere risarcita da Fininvest con 494 milioni di euro.
Ora, però, la Cir di De Benedetti ha avviato contro la Fininvest di Berlusconi un’altra causa civile da 30 milioni di euro nominali (in realtà circa 90 «veri») che nasce proprio da una coda della sentenza civile della Cassazione, laddove essa, respingendo l’undicesimo dei 15 motivi di impugnazione della difesa Fininvest, in settembre aveva fatto passare in giudicato anche la risarcibilità alla Cir di «danni non patrimoniali»: danni cioè come «conseguenze della lesione del diritto ad un giudizio reso da un giudice imparziale», sulla base dell’esclusiva constatazione, prima in sede penale e poi anche civile, appunto dell’accertamento di «un plurioffensivo fatto di corruzione». La Cassazione stessa indicava nella motivazione che determinare in concreto il danno non patrimoniale sarebbe dovuto essere compito, per consolidata giurisprudenza, di un altro giudice.
Ecco perché adesso, essendo in possesso di questo titolo definitivo a essere risarcita anche per i danni non patrimoniali patiti, la Cir ha avviato contro Fininvest la successiva causa nella quale di nuovo prima il Tribunale civile di Milano, poi la Corte d’Appello e infine la Cassazione dovranno quantificarne l’entità. Cir propone 30 milioni di euro, che con rivalutazione e interessi legali arriverebbero in concreto a poco meno di 90 milioni.
Per Berlusconi, alle prese anche con l’onerosa causa di divorzio, si profila indirettamente un altro dispiacere patrimoniale in una vicenda nella quale invece nel 2001, grazie alla combinazione tra un vuoto normativo e una generosa prognosi della Corte d’Appello milanese, era stato l’unico dei protagonisti a schivare il rinvio a giudizio, poi costato nel 2007 all’avvocato Fininvest Cesare Previti e al giudice Metta la condanna definitiva a 18 mesi e a 33 mesi in continuazione con i 6 anni già incassati per Imi-Sir. Le pene per il privato corruttore e per il magistrato corrotto erano infatti state equiparate dal 1992, ma il legislatore si scordò di prevedere una norma che, per i fatti commessi fra il 12 maggio 1990 e il 17 marzo 1992 (come appunto il 1991 del lodo Mondadori) punisse la «corruzione in atti giudiziari» commessa dal privato corruttore, che dunque restava punibile soltanto per «corruzione semplice», reato la cui prescrizione si dimezzava nel caso di concessione di attenuanti generiche. E nel 2001, negate a Previti, le attenuanti vennero invece concesse (prima dai giudici d’Appello a Milano e poi dalla Cassazione) al solo Berlusconi, a motivo della transazione con Cir e soprattutto nel presupposto che egli avesse agito «nell’ambito di un’attività imprenditoriale le cui zone d’ombra non possono condurre a una preconcetta valutazione ostativa» a fronte delle sue «attuali condizioni individuali e sociali di oggettivo rilievo».
Il caso Sorgenia è la spina nel fianco della famiglia di Carlo De Benedetti. E, per mitigare la profonda crisi finanziaria della società elettrica, il gruppo Cir sta battendo tutte le strade. Anche quella di chiedere fondi pubblici a governo e Parlamento. E sembra che li stia ottenendo, grazie soprattutto a Pd e Scelta Civica. Vanno in questa direzione sia una richiesta di cancellare 22 milioni di oneri di urbanizzazione dovuti per una centrale nel Lodigiano, sia le forti pressioni per inserire nel pacchetto stabilità, di qui a fine anno, le sovvenzioni per le centrali a gas, per un valore stimato di 90-100 milioni. Piano piano sta venendo fuori, come raccontato ampiamente dal Giornale , che la società elettrica fondata nel 1999 dall’Ingegnere e controllata al 52% dal gruppo Cir sta messa male, con 1,8 miliardi di debiti totali e un bilancio 2013 che nei soli primi 9 mesi era in rosso per 430 milioni. Proprio ieri si è svolto un incontro con le banche a cui Sorgenia ha chiesto una moratoria sulle scadenze e una ristrutturazione del debito. Tra le banche esposte spicca Mps, con 5-600 milioni, seguita da Intesa, Unicredit, Mediobanca, Banco Popolare, Ubi Banca, Bpm e, in misura minore, anche Carige, Bnl, Cariparma, Pop Etruria e qualche estera.La Cir, holding dei De Benedetti, non ha intenzione di aprire il portafoglio per partecipare al salvataggio nonostante, tra l’altro, i 350 milioni netti incassati dalla Fininvest per il Lodo Mondadori. Preferendo puntare sulle banche e, ora, anche sui quattrini dei contribuenti.
Il primo caso lo ha sollevato M5S, svelando un emendamento di Scelta Civica alla legge di Stabilità per salvare la centrale turbogas di Turano-Bertonico dal pagamento di 22 milioni di oneri di urbanizzazione. Una richiesta in parte già accolta dal Tar del Lazio, contro cui Sorgenia ha fatto ricorso. Ma, dopo l’emendamento già approvato in commissione Bilancio del Senato, non ci dovrebbero più essere dubbi: la «variante» richiesta da Scelta Civica andrebbe a confermare la legge «sbloccacentrali » con cui si era sospeso l’obbligo di versamento degli oneri per le centrali elettriche superiori a 300 megawatt. Gli eletti di M5S ci aggiungono poi del loro scrivendo, come si legge sul blog di Grillo, di «rappresentanti della Sorgenia di De Benedetti che aspettano nei corridoi del Palazzo, davanti alla porta della commissione Attività Produttive».
Ma quello che forse non hanno ancora scoperto è che in una delle tante bozze della Stabilità c’è dell’altro: una proposta per il cosiddetto capacity payment , vale a dire quella sorta di sovvenzione pubblica alle centrali elettriche per garantire la capacità di funzionamento. È un tema che riguarda le centrali a gas (tutte e quattro quelle di Sorgenia) che, a causa del meccanismo che prevede la priorità nel dispacciamento di energia da fonti rinnovabili, rischiano di restare ferme o di funzionare poco o niente. Ebbene, a fronte di tale rischio (che è poi il principale motivo per cui Sorgenia è in profondo rosso), Sorgenia chiede di sovvenzionare la disponibilità della centrale, senza la quale il Paese rischia di restare al buio nei momenti in cui le rinnovabili non bastano a soddisfare i picchi di domanda. Ora, essendo la capacità installata di Sorgenia pari a 3.200 megawatt, ed essendo ilcapacity payment stimato in 25-35mila euro al megawatt, la sovvenzione potrebbe valere per Sorgenia circa 100 milioni.
Va detto che oltre alla società della Cir, sono interessati al provvedimento anche Enel e A2a. E pure che le sovvenzioni al gas arriverebbero dopo quelle già esistenti per le rinnovabili, che ci costano 12 miliardi. In ogni caso Sorgenia è la più interessata perché sia Enel sia A2a hanno modi di diversificare significativamente i ricavi, mentre le quattro centrali dei De Benedetti a Termoli, Modugno, Turano ed Aprilia funzionano tutte a gas.