Luisa Todini attacca i giornalisti della Rai. La difesa di Vittorio Feltri

di Redazione Blitz
Pubblicato il 27 Novembre 2014 - 11:56 OLTRE 6 MESI FA
Luisa Todini

Luisa Todini

ROMA – Luisa Todini attacca i giornalisti della Rai e anche il consiglio di amministrazione della Rai e trova al suo fianco un paladino del calibro di Vittorio Feltri. Luisa Todini, che è stata nominata presidente di Poste Italiane e sull’onda della polemica per il ricorso contro il Governo ha colto la palla al balzo e si è dimessa è stata intervistata in tv da Lucia Annunziata.

L’articolo di Huffington Post:

“Alcuni dei giornalisti Rai amano stare seduti sulla propria sedia a esercitare potere. C’è sicuramente del corporativismo”. Luisa Todini, presidente di Poste Italiane e consigliere dimissionario del cda della Rai, attacca la Rai a ‘In 1/2 h’ da Lucia Annunziata. Ma l’ex consigliera non si limita a criticare i giornalisti, spara a zero anche contro i suoi ex colleghi del Cda e si schiera al fianco di Matteo Renzi. “Il suo – dice – è il governo del fare. È chiaro che la scelta del Cda Rai di fare ricorso contro i 150 milioni di tagli disposti dal governo per la Rai è un voto contro la sua politica decisionista”.

“Mi auguro che il governo faccia presto una riforma della Rai rendendo questa azienda una Spa vera e che il premier Renzi colga l’occasione delle mie dimissioni per fare un po’ di piazza pulita intesa come modifica dei meccanismi di governance che a volte sono folli come nel caso dei diversi poteri maggiori per i consiglieri minori per il direttore generale” (…)

Oltre a Verro interviene anche l’Usigrai. “Nuove fonti di nomina e risorse certe per la Rai Servizio Pubblico. E’ un fatto positivo che dopo tanto parlare, si inizia a entrare nel merito, si cominciano a vedere progetti”, sottolinea in una nota l’esecutivo Usigrai commentando le indiscrezioni pubblicate su Repubblica sulla riforma Rai a partire da gennaio, con un cda smart a 5 membri, un amministratore delegato per un’azienda trasformata in spa, un canone a 65 euro in bolletta elettrica nella dichiarazione dei redditi.

“Ora ci auguriamo che dalle indiscrezioni si passi rapidamente ai disegni di legge, per poter leggere e valutare con attenzione i testi, e avviare il dovuto confronto dentro e fuori le aule parlamentari, a partire da quello con le parti sociali. In passaggi così delicati bisogna evitare i rischi dell’accentramento dei poteri nelle mani del governo o delle maggioranze parlamentari di turno. Saranno quindi indispensabili fonti e quorum qualificati”, conclude il sindacato Rai.

L’articolo di Vittorio Feltri:

La critica di Todini a onor del vero non era rivolta all’intera categoria stipendiata dall’ente di Stato, ma a una parte di essa che si è distinta negli anni nella sponsorizzazione di questo o di quello schieramento, cosa che non si può negare essendo evidente che vari iscritti all’Ordine, e dipendenti del colosso mediatico, non sempre usano il proprio cervello nel dare e commentare le notizie, bensì quello dei loro referenti politici.

E non potrebbe essere diversamente, visto i criteri con cui lorsignori sono selezionati. Criteri ispirati al famigerato manuale Cencelli, adottato decenni orsono e di fatto mai tramontato, benché nessuno vi faccia più cenno, forse per pudore. Non è una nostra illazione malignazza, ma storia del costume italiano, a scrivere la quale contribuì in tono faceto Enzo Biagi, assai amato dalla sinistra, considerato un santone della Rai e, in genere, da chi svolge il nostro vituperato mestiere. Biagi diceva che, quando si trattava di assumere alcuni cronisti nella prima azienda culturale del Paese, la procedura era questa: mettiamo a libro paga un democristiano, un comunista, un socialista e, se avanza un posto, diamolo a uno bravo.

Non è un mistero che il reclutamento avvenga ancora nel modo descritto, anche se di recente è stato indetto un concorso formalmente aperto a tutti ma, in pratica, chiuso a chiunque non sia paraculato, per usare un linguaggio giovanile. Non fosse così, certe carriere folgoranti non si spiegherebbero.

La situazione in viale Mazzini è questa, e ciò è di dominio pubblico: per entrare nelle sacre stanze dove si compilano notiziari e si preparano servizi radiotelevisivi occorre affidarsi a un padrino politico, altrimenti si rimane fuori a girare i pollici, anziché filmati da mandare in onda. Eppure il discorso pronunciato da Luisa Todini ha sollevato scandalo e reazioni indignate. Ha protestato l’Usigrai, il sindacato interno, e ha protestato con veemenza Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine nazionale dei pennini. Rimostranze scontate, scattate più per dovere d’ufficio che per convinzione.

In effetti è universalmente noto come i redattori Rai proteggano il possesso della scrivania e i ruoli cui è collegato il potere assegnato a coloro che li ricoprono. Tant’è che alla proposta di unificare i tre attuali telegiornali (che sono mediocri e la fotocopia l’uno dell’altro), allo scopo di produrne uno solo di alta qualità, i giornalisti hanno organizzato una sollevazione, bocciando sul nascere l’intelligente piano. Perché i 1.600 colleghi (diconsi 1.600) si sono ribellati? Elementare, Watson. Ciascuno di essi si batte alla morte per conservare la posizione acquisita, con privilegi annessi. L’analisi di Todini è dunque perfetta, pertanto si capisce che sia giudicata provocatoria, inaccettabile, da rinviarsi al mittente.

E pensare che il bilancio aziendale è raggelante, specialmente se confrontato con i consuntivi di imprese del settore. Qualche esempio. La Rai ricava ogni anno 2 miliardi e 890 milioni e spende il 35 per cento del fatturato per stipendiare 13.000 dipendenti, di cui oltre 11.000 in pianta stabile. Mediaset incassa 4 miliardi e 200 milioni e investe il 13 per cento nella retribuzione di 6.120 persone. Sky introita 2 miliardi e 800 milioni sborsando il 7 per cento per compensare 3.995 lavoratori.

I numeri sono più fedeli delle fotografie, riflettono sempre la verità. Leggeteli un paio di volte e vi accorgerete che la Rai, pur con tutto il rispetto che merita, è un refugium peccatorum in cui spiccano l’abilità nello spreco di denaro e l’incapacità di guadagnarne proporzionalmente al pletorico organico. C’è un’aggravante: il portafoglio Rai oltre ai proventi della pubblicità, si avvale del canone (circa 1 miliardo e mezzo). Come si fa a prendersela con Luisa Todini?