Movimento dei Forconi, Napolitano e Renzi: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Dicembre 2013 - 08:45 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Napolitano: il voto non è vicino”. Il disagio c’è, chi lo sfrutta pure. Editoriale di Dario Di Vico:

“Si apre il terzo giorno della protesta dei forconi e il prefetto di Torino ha ottenuto rinforzi per contrastare manifestazioni — parole sue — «uniche nel loro genere perché basate su azioni sporadiche e presidii improvvisi in diversi punti». Una città storicamente abituata a convivere con forme radicali di conflitto ieri è parsa alla mercé di manifestanti che potevano interrompere a loro piacimento qualsiasi servizio pubblico e intimidire i commercianti”.

La rabbia dei poliziotti senza casco “Costretti a comprarci le divise”. Scrive Virginia Piccolillo:

“Sono pochi, mal pagati, con fondi sempre più esigui, persino per mettere benzina alle volanti o per rimpiazzare i giubbotti antiproiettile. Eccoli gli uomini delle Forze dell’ordine che hanno scatenato polemiche e strumentalizzazioni con quel gesto: il casco antisommossa sfilato tra gli applausi dei manifestanti. Un ordine al quale alcuni hanno aderito con entusiasmo. Respingono con forza le strumentalizzazioni politiche, ma di cause per condividere il disagio ne hanno diverse. Non fosse altro che per gli stipendi. Un vicequestore aggiunto, con 14 anni di carriera, guadagna 2 mila euro netti al mese. Un agente semplice, 1.300. Una paga base, bloccata fino al 2014, che non viene molto aumentata dai servizi più rischiosi. Per un turno di ordine pubblico (dalla manifestazione in Val di Susa, ai derby degli ultrà), in media 15 ore, si guadagnano in più solo 13 euro lordi, circa 8 netti, che vengono pagati solo l’anno successivo”.

L’”asse populista” spinge alla cautela il Pd di Renzi. La nota politica di Massimo Franco:

“Per ora, il patto prevede una convivenza affidata a due percorsi paralleli: a Matteo Renzi il compito di rifare il Pd e a Enrico Letta quello di governare. Fino a quando rimarranno distinti, o almeno non conflittuali, la legislatura andrà avanti. Il traguardo che avrebbero concordato presidente del Consiglio e segretario del partito sarebbe il 2015. Ma se la caduta del Pil si è davvero fermata, come annuncia l’Istat, e la situazione economica migliorerà, sarà difficile ipotecare il futuro. Il pericolo che forse è stato messo tra parentesi sono le elezioni anticipate nel 2014. Ieri il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, lo ha ribadito con una chiarezza che frustrerà i fautori di una crisi ravvicinata.
«Le elezioni», ha detto, «non sono dietro l’angolo, per quanto sia molto di moda invocarle». Non significa escludere imprevisti. La leadership di Renzi ha avuto la consacrazione delle primarie con il mandato chiaro a modificare anche l’agenda governativa. Le parole del presidente della Repubblica vanno dunque lette soprattutto come la conferma di un impegno a evitare lo scivolamento verso le urne; e a non permettere che la coalizione guidata da Enrico Letta sia destabilizzata dall’interno. Quando il ministro Mario Mauro avverte che «nessuno può pensare di tenere in ostaggio il governo», allude a questo”.

La prima pagina di Repubblica: “Grillo ai poliziotti: ribellatevi”

La Stampa: “Forconi, la protesta fa paura”. In piazza ci sono i figli della crisi. Editoriale di Michele Brambilla:

“Nella protesta dei cosiddetti Forconi c’è senz’altro un mix di elementi inaccettabili e inquietanti. Inaccettabili sono i disagi creati ai cittadini (non c’è causa che li giustifichi) e a maggior ragione le vetrine spaccate e le automobili rovesciate. Inquietanti sono le infiltrazioni estremiste e addirittura (pare) mafiose. Aggiungiamoci poi le strumentalizzazioni politiche, che vengono soprattutto da destra, e le istigazioni al linciaggio, che vengono dal solito Grillo. Basterebbe tutto questo per esprimere una netta condanna”.

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Forconi, blocco continuo Blitz nei centri commerciali. Scrive Lodovico Paoletto:

«Se blocchiamo tutto finalmente capiranno» urla la ragazza romena, infreddolita e affamata alla sua sesta ora in mezzo alla strada. «Capiranno che c’è di più che fare i regali di Natale. C’è in ballo la sopravvivenza della gente». Lo ripete qui, in mezzo a questo incrocio proprio al confine di Torino. Davanti ad uno dei più grandi centri commerciali della provincia: Le Gru. E intanto mulinella le braccia in direzione delle auto: «Qui non si entra».  Secondo giorno di piazza. La notte non ha stemperato gli animi e dal nord al sud del Paese è un elenco di occupazioni, picchetti, strade e treni bloccati. Non c’è provincia, o quasi, che sfugga alla regola. Un po’ più, un po’ meno. Da Aosta alla Sicilia. Ma, ancora una volta, è Torino il clou. In una strategia decisa dalla piazza o come dice qualcuno dalla regia occulta dei mercatali, i «Forconi» prendono di mira i centri commerciali. I negozi sono aperti quasi ovunque. Ma nei mercati non c’è una bancarella montata. In piazza dicono che per tutta la settimana «Non si venderà un solo mandarino». Funzionano i supermercati medi e grandi.

Stretta di mano nel nome di Mandela. Dal corrispondente Paolo Mastrolilli:

“Nel nome del padre, il Sudafrica ieri ha celebrato un mito, e insieme ha seppellito un’epoca e una generazione. Si capisce dall’affetto con cui ha partecipato al memorial per Nelson Mandela nello stadio di Johannesburg, nonostante la pioggia battente abbia spopolato gli spalti, e dai fischi con cui ha demolito il suo successore Jacob Zuma. Oltre a smuovere il proprio popolo, però, Madiba ha compiuto forse un ultimo miracolo di riconciliazione internazionale, quando il presidente americano Barack Obama è salito con passo deciso sul palco delle autorità, per andare a stringere la mano a Raul Castro. È un nuovo caso Rohani? Alla breve conversazione di Johannesburg seguirà una ripresa del dialogo, come dopo la telefonata col collega iraniano all’uscita dall’Onu? Il capo della Casa Bianca aveva in tasca un discorso commovente sulla lezione impartita al mondo da Mandela, soprattutto quella di saper perdonare e ascoltare i suo avversari”.

Il Fatto Quotidiano: “Assalti a negozi e aziende. Anche B. con i Forconi”.

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Il Giornale: “Più forconi per tutti”. L’editoriale di Alessandro Sallusti:

Non hanno sigle né bandiere. Ma hanno facce e le mostrano senza paura, con dignità e tanta rabbia. Sono il popolo dei forconi: agri­coltori, trasportatori, commercianti e picco­li arti­giani che stanno invadendo spontane­amente vie e piazze. Non ce la fanno più: tas­se, multe e mancanza di lavoro li hanno sfiancati. Persino i poliziotti, sbrigata la pra­tica con i soliti violenti che si infilano ovun­que e che nulla c’entrano con la protesta, da­vanti a loro si sono tolti il casco e hanno ab­bassato i manganelli, ricevendo in cambio applausi e pacche sulle spalle. «L’ho fatto perché in quei manifestanti ho visto mio pa­dre, disoccupato e disperato», ci racconta oggi un agente. È la smentita più genuina- e quindi vera – alla tesi che il ministro dell’In­terno Alfano corre a ripetere di tv in tv: «Pras­si normale, hanno obbedito all’ordine di ab­bassare la guardia». Quell’ordine, ovvia­mente, non è mai partito ed è questo che fa paura al Palazzo. E in quanto ai manifestan­ti, si è avverato il monito che un Pasolini di­sgustato rivolse ai sessantottini (per lo più ricchi e viziati borghesi) sprangatori di poli­ziotti durante gli scontri di Valle Giulia (marzo 1968): «Ai poliziotti – scrisse- si dan­no i fiori, loro sono i figli di poveri che vengo­no da periferie contadine o urbane che sia­no ».
Ci sono voluti cinquant’anni e tutta la sag­gezza umile e contadina dei «forconi» per scardinare quell’odio verso gli«sbirri di Sta­to ».C’è voluto un attimo perché dei poliziot­ti, spontaneamente, recepissero il messag­gio e abbassassero la guardia”.