Teatri, paradosso dei punteggi del Ministero: penalizzati i più virtuosi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Gennaio 2015 - 12:27 OLTRE 6 MESI FA
Teatri, paradosso dei punteggi del Ministero: penalizzati i più virtuosi

Teatri, paradosso dei punteggi del Ministero: penalizzati i più virtuosi

ROMA – I punteggi ai teatri italiani dati dal ministero paradossalmente sembrano penalizzare proprio i più virtuosi in termini di numero di abbonati, di biglietti venduti e di qualità. E’ la conclusione a cui arriva Sandro Cappelletto su La Stampa mettendo insieme qualche esempio concreto:

Davvero è possibile che ci sia un divario così estremo tra la qualità degli spettacoli allestiti dai nostri teatri? Che alla Scala venga riconosciuto il massimo del punteggio previsto – 150 – e alla Fenice di Venezia, giudicato dalla critica il migliore in Italia per varietà e originalità di programmazione, solo 10, secondo punteggio più basso?

Che la Scala giochi in Champions, mentre il Regio di Torino – 18 punti – annaspa tra i dilettanti, nonostante sia ai primi posti per numero di rappresentazioni, di abbonati e di capacità di riempire la sala? E bastano due opere dirette da Muti per far ottenere all’Opera di Roma la lusinghiera valutazione di 136, mentre, sempre a Roma, all’Orchestra di Santa Cecilia, con una stagione sempre dignitosa, spesso eccellente, ne vengono riconosciuti 40?

Ai punti corrispondo i fondi del Ministero per i Beni Culturali: più punti, più soldi.

Eccoli i nuovi parametri, in funzione dal 2014, pensati per evitare operazioni non alla luce del sole: il 50% delle somme erogate – complessivamente 187 milioni di euro (erano 239 nel 2000, con una diminuzione da allora a oggi in valore nominale del 33% e in termini reali del 50%) – viene stabilito in base alla quantità, cioè al numero di rappresentazioni svolte; il 25% dipende dalla capacità di reperire «risorse proprie»: vendita di biglietti, abbonamenti, ricerca di sponsor, altre iniziative di marketing. Salvo scoprire che per «autofinanziamento» si intende anche il contributo degli enti locali: così i teatri di Roma, Bari e Palermo, molto aiutati da Comune e Regione, fanno un figurone, nonostante si tratti sempre di denaro pubblico e non di capacità gestionale.

Venezia e Torino, che dagli enti locali ricevono somme molto inferiori e incassano di più da biglietti e sponsor, vengono così penalizzati. L’ultimo 25% dipende dalla qualità: e qui a decidere è stata la Commissione musica, «nella sua autonomia», dicono sempre al Ministero. In verità, sorprendente. Perché se la Scala ottiene il massimo, si fa fatica a capire perché l’Arena di Verona sopravanzi in qualità Venezia e Torino, Genova e Cagliari. Questa oggettività assume anche i contorni di un’umiliazione.