Ricerca Usa: “La chemioterapia può favorire il tumore, alimentandolo”

Pubblicato il 6 Agosto 2012 - 17:43 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Finora la chemioterapia è stata considerata l’unico rimedio conosciuto per tentare di bloccare e sconfiggere il cancro, secondo una nuova ricerca potrebbe invece favorire il tumore, bloccando l’effetto dei farmaci e “alimentando” le cellule tumorali. A dirlo sono i ricercatori del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle, in uno studio pubblicato sulla rivista Nature, secondo cui la chemioterapia, se non funziona subito, rischia di favorire il cancro.

Perché? Tutto dipende dalle cellule non tumorali che vengono danneggiate dai farmaci: queste tentano di avvertire le cellule sane di proteggersi dall’attacco chimico e accelerarne una crescita riparativa. E queste cellule, recepito il “consiglio”, iniziano a produrre una proteina per auto-proteggersi. Solo che le prime ad essere favorite da questa proteina sono proprio le cellule tumorali, che grazie ad essa crescono più velocemente e diventano resistenti alla chemio. Come un cane che si morde la coda: seconda la ricerca se la chemio non annienta le cellule tumorali da subito fa scattare una reazione a catena per cui in realtà va ad ampliare il cancro già presenta.

I ricercatori di Seattle hanno studiato il tumore alla prostata e quelli del seno e delle ovaie. Tutto è partito da una domanda: perché le cellule del cancro alla prostata sono così difficili da eliminare nel corpo umano, mentre è molto facile eliminarle in laboratorio? Per trovare la risposta, nei laboratori di Seattle si sono cominciati ad analizzare gli effetti di un tipo di chemio sui tessuti raccolti da pazienti affetti da tumore alla prostata. E sono stati scoperti “evidenti danni del Dna” nelle cellule sane vicine all’area colpita dal cancro. Queste ultime, per reazione, producono quantità maggiori di una proteina, la WNTi6B, che ha come “effetto collaterale quello di favorire la sopravvivenza del tumore, la sua velocità di crescita e, soprattutto, la sua resistenza ai successivi trattamenti”.

Che cosa fare allora? “Per esempio – dice uno dei ricercatori – mettere a punto un anticorpo alla WNTi6B da assumere durante la chemio. In alternativa, si potrebbero ridurre le dosi della chemio”.