Giulia Biffi, ricercatrice italiana a Cambridge, scopre la quadrupla elica Dna

Pubblicato il 21 Gennaio 2013 - 16:23 OLTRE 6 MESI FA
Giulia Biffi, ricercatrice italiana a Cambridge, scopre la quadrupla elica Dna

ROMA – Giulia Biffi, ricercatrice italiana a Cambridge, ha scoperto che l’elica del Dna può essere non solo doppia, bensì quadrupla. E questo a ben 60 anni dalla pubblicazione su Nature dell’articolo che descriveva per la prima volta la doppia elica del Dna. La scoperta della Biffi è stata fatta nella stessa università dove era avvenuta quella di James Watson e Francis Crick. Lo riporta l’Ansa.

Giulia Biffi, il cui studio è stato pubblicato da Nature Chemistry, ha scoperto che in certi momenti il Dna può assumere una forma a ‘quadrupla elica’, una scoperta che apre una nuova serie di interrogativi per i genetisti, il cui lavoro appare tutt’altro che finito. Le strutture a quadrupla elica erano già state isolate in provetta, ma nessuno era mai riuscito a vederle nelle cellule umane.

Per scovarle i ricercatori hanno costruito degli anticorpi sintetici fluorescenti in grado di legarsi alle quadruple eliche del genoma umano. Testandoli su cellule di tumori, dall’osteosarcoma al cancro della cervice, è emerso che le strutture a quadrupla elica sono più numerose negli istanti in cui il Dna si replica prima della divisione cellulare.

Questo, spiega Biffi, suggerisce già un primo utilizzo della scoperta. ”A mio parere anche nelle cellule normali si formano queste strutture – sottolinea la ricercatrice, arrivata a Cambridge da Pavia per un dottorato – ma ovviamente le cellule tumorali replicano continuamente e quindi se i ‘quadruplex’ sono importanti durante la replicazione del Dna potrebbero avere effetti più rilevanti nelle cellule tumorali. Già in studi precedenti si è visto che si possono usare piccole molecole sintetizzate per ‘traghettare’ queste strutture, e questo ha un effetto anti-proliferativo sulla cellula”.

La conferma dell’esistenza della quadrupla elica nel genoma umano costringerà i genetisti a un ‘superlavoro’, sottolinea Carlo Alberto Redi, biologo dell’università di Pavia, secondo il quale ora sarà più facile capire come si forma la vita.