ROMA – “Non ci sono prove che dimostrino l’efficacia del metodo Stamina, solo le dichiarazioni dei genitori”. Lo stop dell’Istituto Superiore di Sanità arriva proprio mentre alla Camera è ripartito l’iter per la riconversione in legge del decreto Balduzzi. Il testo, contenente disposizioni sulle cure a base di cellule staminali, è stato approvato in prima lettura al Senato il 10 aprile ed è in scadenza il 25 maggio.
Martedì mattina in commissione Affari Sociali si sono susseguite le audizioni di rappresentanti dell’Istituto Superiore di Sanità, del Centro Nazionale Trapianti e dell’Agenzia Italiana del Farmaco.Patrizia Popoli, dell’Istituto superiore di Sanità, ha sottolineato che non ci sono prove riscontrabili “nemmeno sui pazienti attualmente in cura perché hanno patologie diverse e sono trattati su base singola”. Popoli ha osservato che ”parlare di cure compassionevoli è fuorviante perché secondo le norme, sono compassionevoli terapie sottoposte a sperimentazione clinica, con studi pubblicati almeno di fase due” applicate su altri pazienti.
Mentre le terapie con cellule staminali, ha precisato l’esperta, ‘‘vanno usate come farmaci’‘. A tutt’oggi, ha aggiunto, ”non ci sono risultati certi per il trattamento di malattie neurodegenerative. Aifa e Iss hanno autorizzato delle sperimentazioni di fase 1 (18, come ha spiegato anche il direttore generale dell’Aifa Luca Pani), ma in casi dove le cellule sono preparate secondo le norme e c’è documentazione sulla sperimentazione, e dove il rapporto dei possibili rischi/benefici è favorevole”.
Il testo licenziato da palazzo Madama prevede proprio l’avvio della sperimentazione della cura tramite il trapianto di cellule staminali mesenchimali per i pazienti affetti da gravi patologie. Il cosiddetto metodo Stamina, ideato da Davide Vannoni, presidente della Stamina Foundation Onlus, è da tempo finito nell’occhio del ciclone, avendo ricevuto non poche critiche da parte della comunità scientifica internazionale, che ha lanciato più volte l’allarme sui rischi ad esso correlati.
Gianluigi Gigli e Raffaele Calabrò, deputati in commissione Affari sociali, chiedono che il decreto venga modificato per ricondurre la sperimentazione “a livello centrale”, sotto la diretta supervisione del Ministero della Salute.
Ha invocato modifiche al testo anche Luca Pani, direttore generale dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), arrivando a parlare addirittura di “disastro epocale” se il testo licenziato dal Senato dovesse essere confermato. Pani ha spiegato che “le ordinanze dei tribunali sono aumentate vertiginosamente quando è passato il decreto che stiamo discutendo, ma dobbiamo stare attenti o succederà un disastro. La nostra richiesta – ha concluso – è di riportare le staminali all’interno di una sperimentazione corretta per evitare problemi di sicurezza ed efficienza, e per poter fare scelte rigorose anche dal punto di vista etico”.
Intanto irrompe sulla scena anche un appello rivolto al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per fermare il decreto Stamina e bloccare la somministrazione, in una struttura pubblica, di un trattamento la cui efficacia non è stata dimostrata. A chiedere l’alt sono i responsabili di 12 fra i principali centri di ricerca italiani. Tra i firmatari: Silvio Garattini, direttore dell’Istituto ‘Mario Negri’; Luigi Frati, rettore dell’università Sapienza di Roma; Francesca Pasinelli, direttore generale della Fondazione Telethon; Luca Pani, direttore generale dell’Aifa. ”La diffusione di terapie non approvate né autorizzate – scrivono i ricercatori al ministro – non è una novità nel panorama mondiale. La novità, tutta italiana purtroppo, è che per la prima volta il governo di un Paese occidentale ha di fatto dato il via libera alla somministrazione in un ospedale pubblico di un trattamento a base di cellule staminali mesenchimali privo di basi scientifiche e di dati preclinici validi”.
I ricercatori rilevano che in altri Paesi casi analoghi si sono conclusi ”con l’arresto dei responsabili o comunque con l’interruzione del trattamento da parte delle autorita’ regolatorie”, mentre ”in Italia e’ stato emanato un provvedimento legislativo d’urgenza, il decreto legge Balduzzi approvato dal Senato e in attesa di essere discusso alla Camera, che sotto la spinta del clamore popolare e degli appelli di alcuni esponenti del mondo dello spettacolo ha di fatto reso legale questo trattamento, nonostante il parere fortemente contrario dell’intera comunita’ scientifica e il biasimo di buona parte della stampa, nazionale e internazionale”.
L’aspetto che preoccupa ancora di più i ricercatori ”è la pericolosa deriva verso una deregolamentazione dello sviluppo di questo tipo di terapie, equiparate sempre di piu’ a trapianti d’organo piuttosto che a veri e propri farmaci”. Di fatto, rilevano, il decreto Balduzzi ”sottrae questi trattamenti dal controllo di enti regolatori come l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e l’Agenzia europea del farmaco (Ema), normalmente preposti a definire come vanno preparati i farmaci e per quale uso clinico sono indicati”.
In questo scenario ”non solo l’Italia si porrebbe in contrasto con la regolamentazione europea in tema di sviluppo di farmaci, ma aprirebbe di fatto la strada a un vero e proprio Far West, in cui attendono di inserirsi aziende più o meno serie che offrono trattamenti a base di non meglio identificate staminali per le più svariate patologie, non solo rare e incurabili, ma anche diffuse e quindi ”remunerative” come il Parkinson, la sclerosi multipla, il cancro”. Considerando che è proprio per proteggere la salute dei pazienti che sono state introdotte regole stringenti sulla sperimentazione di nuove terapie, i ricercatori chiedono quindi ”fermamente al ministro Lorenzin di fermare l’approvazione di questo decreto e di rivederne il contenuto alla luce di quello che è davvero il bene per la salute pubblica, in Italia e non solo”.
In sostanza, ci sono ”grossi dubbi su reale efficacia e sicurezza del trattamento”. E alle 17 sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti al testo, approvato dal Senato con alcune modifiche rispetto a quello proposto dall’ex ministro della Salute Renato Balduzzi. La commissione dovrebbe terminare i lavori entro la settimana.