Staminali per tutti per 18 mesi. Paolo Bianco contro Stamina: “Non è una cura”

Pubblicato il 11 Aprile 2013 - 11:27 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Cure staminali per chi le ha già iniziate, cure anche per tutti gli altri malati, con una sperimentazione di 18 mesi, ma esclusivamente all’interno ”di sperimentazioni cliniche controllate, effettuate presso strutture pubbliche” e con i medicinali preparati in laboratori ”idonei”. Questo quando deciso dal testo (modificato) del decreto Balduzzi approvato dal Senato e che ora arriverà alla Camera. Sostanzialmente un ampliamento delle cure con il metodo Stamina anche a nuovi pazienti oltre a quelli fatti conoscere al grande pubblica da Le Iene.

Ma non tutti sono d’accordo. Paolo Bianco, professore ordinario di Anatomia e istologia patologica e direttore del laboratorio cellule staminali della “Sapienza”, scrive un articolo sul Corriere della Sera per contestare la Fondazione Stamina e il suo metodo.

Scienziati e medici hanno invitato a chiarezza e prudenza, invocato che si cercasse di evitare incidenti gravi, che si dicesse in che cosa consiste la «cura», che si specificasse chi rispondeva di che cosa. Che si verificasse se la cura era davvero tale, che la si rendesse chiara e riproducibile, e perciò utilizzabile anche a beneficio dei bambini di tutto il mondo. Apriti cielo: scienziati e medici farabutti al soldo delle multinazionali. Quel che la «cura» propone è che un’infusione di cellule ossee (staminali mesenchimali) curi tanti malanni diversi, a prescindere dalla natura del malanno, da quel che le cellule siano in grado di fare, a prescindere dal fatto che le stesse cellule, una volta infuse, rimangano lì o scompaiano. E a prescindere dalla necessità di verificare che sia così.

La cura Stamina, secondo Bianco, coincide con quello che molti nuovi soggetti commerciali propongono:

Alcuni di essi emergono dallo stesso mondo scientifico. Il fondatore (e detentore di royalties) della più grande company nata in Nord America per lo sfruttamento commerciale delle mesenchimali sostiene, dalle pagine di riviste scientifiche, che, infuse in vena, queste cellule curino autismo, incontinenza urinaria, paraplegia, Parkinson e altre malattie neurodegenerative, colite, infarto, ictus, artrite e altre 13 malattie. Nessuno di questi usi è riconosciuto o approvato come terapia. Quel che si sa indica piuttosto che alcune cose non sono possibili, che di altre si dovrebbe capire di più, e che ci vorrebbe cautela nello sperimentare sui malati. Lo dicono medici e scienziati che non vendono alcunché.

Invece i soggetti commerciali in questione premono per indurre i governi ad allentare i meccanismi regolatori e autorizzare il commercio di terapie cellulari senza che sia prescritto di verificarne l’efficacia attraverso trial clinici. Fda ed Ema, che vigilano sulla produzione e il commercio dei farmaci in Usa e in Europa, sono talora dipinti come il principale ostacolo allo sviluppo dell’innovazione. Privati che propongono direttamene ai pazienti cure miracolose con staminali esistono in tutto l’Oriente «emergente». Casi ci sono stati anche in Germania e Usa. Ma proprio perché Fda e Ema esistono, questi casi si sono conclusi con la interruzione d’autorità delle pratiche non autorizzate, e, in un caso, con l’arresto del proponente, fuggito in Messico. Questi casi sollevano sempre polveroni mediatici, la cui funzione è attrarre l’attenzione dei governi e del pubblico, e diffondere l’idea che deregolare il mercato delle «terapie avanzate» coincida con l’interesse dei pazienti, o con la compassione. Ma deregolare il mercato è invece interesse di una costellazione di imprese di nuovo tipo, determinate a creare un mercato nuovo, centrato su malattie senza cura, per le quali sia dunque socialmente accettabile anche una cura inefficace.