Macerata, gettò la moglie nel cassonetto. Lei: “Mi riprendo la mia vita”

Pubblicato il 25 Febbraio 2011 - 20:21 OLTRE 6 MESI FA

MACERATA – ”Sono quella del cassonetto, ma sono anche un’altra Francesca…e devo continuare a vivere”. Il giorno dopo l’arresto dell’ex marito Bruno Carletti, l’ex direttore del Teatro Lauro Rossi di Macerata, condannato in via definitiva a 9 anni e 4 mesi di reclusione per aver tentato di strangolarla per poi gettarla, agonizzante, in un cassonetto della spazzatura dentro un portabiti teatrale, Francesca Baleani è pronta a incontrare i giornalisti, ma solo per ”rispetto del loro lavoro”.

E’ una donna minuta, elegante, lo sguardo sorvegliato di chi non vuole nascondere ma nemmeno esibire il dramma che ha attraversato, è, di fatto, una sopravvissuta, diversa rispetto al ‘prima’. Una vittima della violenza sulle donne che ora, in qualche modo, può cominciare a guardare avanti.

Assistita dal suo legale, l’avvocato Paolo Cardinali, ripercorre la terribile esperienza vissuta il 4 luglio del 2006 ma si capisce che esporsi, di nuovo, alla curiosità dei media, le pesa. ”Non avrei voluto fare questa conferenza stampa – comincia – perché sono stanca, non voglio più sentir parlare di lui…lo faccio perché rispetto il vostro lavoro”.

A chi le chiede se la condanna di Carletti l’abbia soddisfatta risponde: ”La parola soddisfazione la lascio agli avvocati. Io sono portatrice di emozioni e di sentimenti: in questo caso non ci sono vincitori né  vinti. Sono in ballo le vite di due persone. Non ho mai nutrito sentimenti di rivalsa o di vendetta”.

”Il computo degli anni di pena inflitti non posso farlo. Non vi dirò mai se sono pochi o sono troppi. Il segnale per me era solo questo: che la sentenza venisse applicata. Per me il processo e’ finito. Mi da’ tranquillita’ sapere di non incontrarlo piu’. Ma questo mi sarebbe stato piu’ utile cinque anni fa”. Quando l’uxoricida mancato venne affidato ad una struttura di cura ma con libertà di movimento.

Sulla sua vita di oggi, Francesca racconta poco: ”Vivo. Non frequento molto Macerata. Vengo in citta’ solo per lavoro. Torno a casa, prendo la macchina e vado fuori. Frequento altri ambienti”. Quando ha appreso dell’arresto del suo ex marito cosa ha pensato? ”Ho pensato che sono trascorsi cinque anni scanditi da udienze, incontri con l’avvocato e sedute riabilitative. Ora tutto questo è finito. E’ come quando una fase si chiude”.

A una cosa tiene moltissimo, ringraziare quanti l’hanno aiutata in questi anni: la sua famiglia, l’avvocato, Andrea Stortoni, il ragazzo che l’ha salvata dopo aver sentito i suoi lamenti provenire dal cassonetto, inizialmente scambiati per il miagolio di un gatto, il questore e la polizia, i medici, gli psicologi, gli amici, la Camera di commercio, dove lavora.

Nessun commento sulla sentenza neppure da parte dell’avv. Cardinali, secondo il quale che Carletti sia tornato libero quasi subito dopo l’uxoricidio mancato ”fa parte della cronaca giudiziaria. Certo alla vittima non ha fatto bene vederlo in giro, su questo punto la difesa qualche lamentela da fare ce l’ha”.

Ma Francesca ha sempre avuto ”piena fiducia nei giudici” e nel suo avvocato. ”Il mio segreto è delegare agli altri quando ci sono realtà più grandi di noi che non possiamo affrontare da soli”. Contrarissima all’ipotesi che la sua vicenda diventi soggetto di un film: ”l’esposizione mediatica di questi anni e’ stata pesante. Sono stata indicata come ‘la donna del cassonetto’. Sono quella del cassonetto, ma sono anche un’altra Francesca”. Che continuera’ a battersi per le donne vittime di stalking.

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