Alemanno-Della Valle. Si sono venduti il Colosseo. 25 milioni per restaurarlo e per 15 anni di “esclusiva” dell’immagine

di Alessandro Camilli
Pubblicato il 4 Aprile 2011 - 15:23| Aggiornato il 5 Aprile 2011 OLTRE 6 MESI FA

(foto Mauro Scrobogna / LaPresse)

ROMA – Si sono venduti il Colosseo? Il punto interrogativo ha resistito fino alla pubblicazione da parte dell’Agenzia Ansa del testo dell’accordo con lo sponsor del restauro, l’imprenditore Diego Della Valle, quello delle Tod’s. Poi è caduto e la risposta è sì, si sono venduti il Colosseo o almeno la sua immagine: per 25 milioni e per 15 anni. Dice l’accrdo, nero su bianco, che lo sponsor reasturatore acquisisce in esclusiva i diritti sull’immagine del Colosseo che non potranno esser concessi in nessun modo a “terzi”. Altro che Thomas Di Benedetto, futuro patron della Roma, che al ministro La Russa, interista e italianista convinto, ricorda Totò che cerca di vendere la fontana di Trevi. I panni di Totò che vende monumenti sembrano stare molto meglio addosso al sindaco Alemanno, compagno di partito di La Russa, che non truffa uno sprovveduto straniero ma fa di peggio svendendo niente meno che il Colosseo.

La vicenda, nota e già foriera di mille polemiche, è quella del restauro del Colosseo, simbolo di Roma e verosimilmente monumento più famoso del mondo. Il restauro, affidato a privati con una gara d’appalto prima andata buca e poi con un solo nome in lizza, sarà sponsorizzato da Diego Della Valle con 25 milioni di euro. Grande atto di mecenatismo, un bel gesto da parte dell’industriale marchigiano e un grande successo per Roma e per l’anfiteatro flavio che da anni versa in condizioni pietose e necessita quindi di un corposo restauro. Ma non è tutto oro quello che luccica.

Lasciando da parte le polemiche nate per la gestione e l’assegnazione dell’appalto la questione ora è un’altra: Della Valle non è solo un mecenate privo d’interessi con a cuore solo la cultura e Alemanno non è solo un bravo amministratore che è riuscito là dove altri prima di lui avevano fallito ma, come si dice a Roma, sotto c’è una “sola”, che non vuol dire una persona isolata ma una confezionata patacca. L’intesa tra il Comune di Roma e l’imprenditore toscano prevede infatti l’uso in esclusiva dell’immagine del monumento in favore del signor Tod’s. Roma non ha fatto un grande affare perché, se 25 milioni di euro sono una fortuna se spesi per restaurare il Colosseo senza nessun ritorno se non quello dell’immagine di un imprenditore che ha a cuore il patrimonio artistico italiano, sono una miseria per lo sfruttamento in esclusiva dell’immagine del monumento stesso. Alemanno dunque, più che Totò indossa i panni dell’ingenuo che compra la fontana di Trevi. Il sindaco ha accettato 25 milioni di euro per cedere i diritti d’immagine del simbolo di Roma, davvero un buon prezzo ma non per lui e non per la collettività.

Il caso è esploso dopo la richiesta fatta da una casa automobilistica tedesca di poter utilizzare il Colosseo, la sua immagine, a fini pubblicitari. Richiesta  negata perché l’immagine del Colosseo non è più disponibile. Il sindaco di Roma, e non potrebbe fare altrimenti, si è affrettato a smentire più che altro minimizzare: “tutto è stato fatto nella massima trasparenza e gestito dai massimi vertici dei Beni culturali. Lasciate che il Colosseo venga restaurato senza dire sempre di no a tutto. C’è voluto quasi un anno a perfezionare la procedura che ha permesso al gruppo di Della Valle di concedere questa sponsorizzazione di 25 milioni per il restauro, ora spero che nessuno crei ostacoli ad un’operazione che Roma attende da almeno trenta anni”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il sottosegretario ai Beni culturali Francesco Giro: “il Colosseo va tutelato non mercificato, come in modo surreale finiscono per fare i critici dell’accordo con Della Valle”.

Ma oltre al solito Pd che, come dice Alemanno, dice sempre no a tutto, critiche e dubbi sull’accordo arrivano dalla Uil, notoriamente non proprio affine al Pd e, cosa ancor più sorprendente, dagli stessi uomini di Alemanno. Se da un lato la segreteria nazionale della Uil Beni e attività culturali ha presentato un esposto denuncia alla procura e alla Corte dei Conti “affinché si faccia luce sulle eventuali responsabilità penali ed erariali dell’accordo segreto”, sono i dubbi espressi dall’ex assessore alla cultura di Alemanno a suscitare preoccupazioni. Secondo Umberto Croppi, tagliato dalla giunta capitolina a gennaio di quest’anno perché finiano, ci sarebbero infatti forti dubbi sulla convenzione. Dubbi certificati da quella notizia d’agenzia che riporta il testo, integrale e inequivoco, dell’accordo.