L’Arabia Saudita ha vietato l’alcol. Lo ha proibito Maometto e è verboten a tutti i musulmani, ma per gli stranieri cominciano le eccezioni, perché?
Nel 2030 Riyadh, capitale dell’Arabia Saudita, ospiterà Expo 2030 e nel 2034 i Mondiali di calcio. Due appuntamenti che vedranno il paese impegnato a ricevere al meglio delegazioni governative, diplomatici, sportivi, ospiti vip e semplici tifosi. Tutto ciò alimenta le voci sulla possibilità del superamento di alcuni divieti in vigore nel Paese per quanto riguarda l’ospitalità.
Tra questi, si dice che l’Arabia Saudita potrebbe consentire la vendita di alcolici esclusivamente ai diplomatici non musulmani. Una decisione che si discosterebbe dalle severe norme sugli alcolici in vigore da tempo.
Il divieto di bere alcolici in Arabia Saudita affonda le sue radici nell’Islam e nella custodia dei sacri riti sauditi ma si rafforzò ulteriormente nel 1952 dopo un tragico incidente che coinvolse la famiglia reale.
Uno dei figli di re Abdulaziz, il principe Mishari Bin Abdulaziz Al Saud, durante una festa, già molto alterato dall’alcol, si vide rifiutare dal diplomatico Cyril Ousman altri drink. Infuriato sparò e Ousman, per proteggere sua moglie Dorothy, fu colpito a morte.
Il principe Mishari fu condannato all’ergastolo e il re Abdulaziz Ibn Saud, fondatore e primo sovrano del moderno regno dell’Arabia Saudita, impose a tutta la nazione, compresi agli stranieri e i diplomatici in genere, il divieto di bere alcolici e furono chiusi i negozi che lo vendevano.
Oggi, a distanza di 70 anni, il principe ereditario Mohammed Bin Salman è impegnato a realizzare grandi progetti di trasformazione urbanistica, culturali e sociali, in vista degli appuntamenti internazionali dei prossimi anni.
In questa disponibilità al cambiamento rientra anche la possibilità per i diplomatici di assumere alcolici. Un’iniziativa non solo ascrivibile alla ospitalità ma anche alla necessità di frenare l’importazione incontrollata e illecita di liquori all’interno dei circoli diplomatici, come si è potuto leggere anche su un articolo pubblicato dal giornale filo-governativo Arab News.
L’Arabia Saudita garantirebbe dunque luoghi, tempi e controlli per favorire le ambasciate non musulmane, mentre pochi o nessun cambiamento interesseranno i 32 milioni di residenti sauditi che potranno optare per l’accesso a limitate bevande artigianali, alle offerte ad alto prezzo del mercato nero o ai viaggi fuori dal Regno per consumare alcolici.
Gli appuntamenti internazionali che stanno impegnando dal punto di vista architettonico il Paese per accogliere al meglio le migliaia di turisti che si presume arriveranno nel 2030 e nel 2034 potrebbero riguardare anche alcune concessioni di carattere più sociale come la fruizione di eventi cinematografici o culturali di vario genere.
Da alcuni funzionari governativi però arrivano anche moniti. Il Vice Ministro del Turismo, principessa Haifa Al Saud, fino a poco tempo fa ha sostenuto con fermezza le leggi vigenti, sottolineando la complessa interazione tra tradizione, riforme e impegno globale che sta plasmando il futuro dell’Arabia Saudita.
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