Terremoto Abruzzo/ Fondi per la ricostruzione non ce n’è. Le case entro sei mesi? Parliamone tra un anno. E i soldi? Ma non scherziamo: mica li vorrete tutti

di Alessandro Duchi
Pubblicato il 7 Maggio 2009 - 23:04| Aggiornato il 8 Maggio 2009 OLTRE 6 MESI FA

La situazione in Abruzzo sta diventando esplosiva. Cn il passare delle ore e dei giorni la gente sta scoprendo che il mitico piano di ricostruzione è pieno di tranelli e inganni e che un conto sono le promesse di Silvio Berlusconi in Tv, un conto è la realtà che li aspetta.

Massimo Giannini su Repubblica analizza i conti veri della ricostruzione dell’Abruzzo terremotato e fa venire i brividi.

Dopo il Consiglio dei ministri straordinario del 23 aprile, scrive Giannini, Berlusconi aveva annunciato uno stanziamento di 8 miliardi per la ricostruzione dell’Abruzzo: 1,5 per le spese correnti e 6,5 in conto capitale. A leggere bene il decreto 39, si scopre che lo stanziamento è molto inferiore, 5,8 miliardi, ed è spalmato tra il 2009 e il 2032. Di questi fondi, 1,152 miliardi sarebbero disponibili quest’anno, 539 milioni nel 2010, 331 nel 2011, 468 nel 2012, e via decrescendo per altri vent’anni.

Un fronte riguarda l’edificazione delle case provvisorie (“a durevole utilizzazione”, secondo la stravagante formula del decreto) che dovrebbero garantire un tetto ad almeno 13 mila famiglie, pari a un totale di 73 mila senza tetto attualmente accampati nelle tendopoli. I fondi previsti per questi alloggi (nessuno ancora sa se di lamiera, di legno o muratura) ammonterebbero a circa 700 milioni. Ma 400 risultano spendibili quest’anno, 300 l’anno prossimo.

Questo a dispetto del giuramento solenne rinnovato da Berlusconi, a “Porta a Porta” per parlare dei suoi guai familiari.

Viene da pensare che l’impegno di una “casetta” a tutti gli sfollati entro ottobre, o comunque prima del gelo invernale, andrà inevaso. Quasi la metà di loro (secondo il timing implicito nella ripartizione biennale dei fondi) avrà un tetto non prima della primavera del prossimo anno.

Un altro fronte, persino più allarmante, riguarda la ricostruzione delle case distrutte. Il governo ha annunciato «un contributo pubblico fino a 150 mila euro (80 mila per la ristrutturazione di immobili già esistenti), a condizione che le opere siano realizzate nel rispetto della normativa antisismica».

Basterà presentare le fatture relative all’opera da realizzare, e a tutto il resto penserà Fintecna, società pubblica controllata dal Tesoro, che regolerà i rapporti con le banche. Detta così sembra facilissima. Il problema è che quei 150 mila euro nel decreto non ci sono affatto. Risultano solo dalle schede tecniche che accompagnano il provvedimento. E dunque, sul piano legislativo, ancora non esistono.

Non basta. Sul totale dei 150 mila euro, il contributo statale effettivo sarà pari solo a 50 mila euro. Altri 50 mila saranno concessi sotto forma di credito d’imposta (dunque sarà un risparmio su somme da versare in futuro, non una somma incassata oggi da chi ne ha bisogno) e altri 50 mila saranno erogati attraverso un mutuo agevolato, sempre a carico della famiglia che deve ricostruire, che dunque potrà farlo solo se ha già risparmi pre-esistenti. Se questo è lo schema, al contrario di quanto è accaduto per i terremoti dell’Umbria e del Friuli, i terremotati d’Abruzzo non avranno nessuna nuova casa ricostruita con contributo a fondo perduto. Anche perché nelle schede tecniche del decreto quei 150 mila euro sono intesi come “limite massimo” dell’erogazione. Ciò significa che lo Stato declina l’impegno a finanziare la copertura al 100% del valore dell’appartamento da riedificare.

E così i poveri abruzzesi, che hanno affrontato concoraggio e dignità i rigori e i disagi che il terremoto ha rovesciato loro addosso, che si sono prestati, con altrettanta dignità, a fare da fondale alle esibizioni di efficientismo del presidente del consiglio, ora cominciano a rendersi conto di essere stati vittima di una grande presa in giro.