La mafia punta al consiglio comunale di Palermo: 4 arresti

Pubblicato il 17 Aprile 2012 - 20:41 OLTRE 6 MESI FA

PALERMO – Cosa nostra insiste. Vuole entrare nei gangli vitali dell'amministrazione di Palermo. C'era gia' riuscita in passato e ci riprova facendo candidare Vincenzo Ganci, 45 anni – oggi arrestato per concorso in associazione mafiosa -, attuale consigliere di circoscrizione eletto col Pdl, dipendente della Gesip (societa' di servizi del comune), che e' nella lista ''amo Palermo'' che appoggia l'aspirante sindaco Marianna Caronia del Pid, il partito dell'ex ministro Saverio Romano, a giudizio per concorso in associazione mafiosa.

L'inchiesta ''Sisma'' della procura palermitana, che ha portato a cinque ordini di custodia in carcere, riguarda, oltre Ganci, altri soggetti accusati di associazione mafiosa: Francesco Lo Gerfo, 51 anni, Mariano Falletta, 61 anni, Stefano Polizzi, 57 anni, mentre il boss Antonino Messicati Vitale e' latitante, fuggito forse in America o in SudAfrica. L'indagine alza un nuovo velo sui rapporti mafia-politica e sugli affari legati al ciclo dei rifiuti nel consorzio Coinres, che serve ben 22 comuni della provincia.

Caronia, che e' deputato regionale ed era vice dell'ex sindaco Diego Cammarata, ha fatto certificare ai candidati delle liste di non avere indagini o condanne per mafia. Il 26 marzo ha ricevuto una e-mail dall'indirizzo ''giggi@libero.it'' in cui era scritto: ''Signora Caronia, lei e' attenta alle candidature della sua lista ma le sfugge un nome che rappresenta la spazzatura, si tratta di Ganci vicino a mafiosi''. La candidata ha denunciato l'episodio alla polizia.

Ma Ganci e' rimasto in lista senza sospettare che i carabinieri, con sofisticatissime indagini, stavano, anche attraverso lui, entrando nel cuore di quella che e' ormai un'unica cittadella mafiosa che parte dai quartieri palermitani di Brancaccio e Ciaculli, attraversa il comune di Villabate e arriva a Misilmeri e poi piu' su, fino a Belmonte Mezzagno. Una zona ricca di soldi e appalti, substrato per buoni affari che hanno spesso creato dispute poi evolute in vere e proprie faide mafiose con decine di morti.

A Misilmeri, paesone di circa trentamila abitanti, cade nella rete investigativa Giuseppe Cimo', 47 anni, presidente del consiglio comunale eletto nella lista ''Casini, libertas, unione di centro'' con 424 preferenze – e' stato il piu' votato dei candidati nel 2010 – poi passato al Pid e quindi tornato nell'Udc anche se i rappresentanti dei due partiti si affrettano a dire che ''non risulta l'iscrizione del presidente'' indagato per concorso in associazione mafiosa. Secondo gli inquirenti, Cimo' sarebbe espressione del boss Francesco Lo Gerfo e avrebbe agevolato la cosca nell'aggiudicazione di alcuni appalti. Storia vecchia a Misilmeri, dove il comune e' stato sciolto per mafia due volte e dove, dopo gli atti che la procura trasmettera' in prefettura, arrivera' una nuova ispezione ministeriale. I tentacoli del boss mentre da un lato entravano nei gangli della vita amministrativa, dall'altro penetravano nel Coinres. Per gli investigatori ''le amministrazioni comunali interne al consorzio'' avrebbero consentito di far guadagnare a Lo Gerfo, ''ingenti somme di denaro attraverso un'impresa fittiziamente intestata a terzi'', che e' stata sequestrata.

E ancora, la mafia era molto interessata ai terreni di Ciaculli, dove potrebbe sorgere la sede palermitana di Ikea: appezzamenti agricoli che con gli ''amici giusti in Comune'' diventano edificabili. Naturalmente rimane il business dei soldi facili come le estorsioni. I carabinieri hanno documentato i pagamenti di uno dei titolari della sala ricevimenti ''Villa Fabiana'' ad Antonino Messicati Vitale, che domani festeggera' i suoi 40 anni, da latitante. Arrestato piu' volte per omicidio, droga, estorsioni, Messicati Vitale e' stato condannato, definitivamente, a 10 anni di carcere per associazione mafiosa, pena che ha scontato.

Il ricercato e' figlio di Pietro Messicati Vitale, che fu boss di Villabate e di cui 25 anni dopo avrebbe preso il posto, ucciso nel luglio 1988. Antonino e il fratello Fabio, secondo le dichiarazioni di vari pentiti, sarebbero stati killer utilizzati dai boss mafiosi e per questo nel marzo '95 vennero arrestati. Ma le accuse di omicidio non hanno retto all'iter giudiziario.