Salvini ruggisce, Conte lo imbavaglia, le grandi nomine di Stato sullo sfondo…

di Sergio Carli
Pubblicato il 10 Luglio 2019 - 07:28 OLTRE 6 MESI FA
Salvini ansa

Salvini ruggisce, Conte lo imbavaglia, le grandi nomine di Stato sullo sfondo…

Salvini ruggisce ma non morde. Non è che Conte (Giuseppe) gli ha messo la museruola? 

La partita è grossa, lo scontro di potere si preannuncia durissimo. In ballo non ci sono solo le nomine europee, per quel poco che contano, perché nell’Unione europea, più di quanto accada nei singoli Governi, contano le strutture permanenti dei funzionari di carriera, In ballo non ci sono nemmeno soltanto alcune nomine ministeriali. In ballo, da qui alla primavera prossima, ci sono le nomine nelle aziende a partecipazione statale, colossi dell’economia italiana dove risiede il vero potere.

Salvini ha fatto come Bersani nel 2011, che non ebbe il coraggio di andare alle elezioni, che avrebbe vinto, per favorire un governo tecnico di cui ancor oggi scontiamo il disastro. Salvini abbaia ma non morde e rischia di fare la fine di Renzi. Renzi si è dannato per troppa arroganza, incapacità tecnica stupida demagogia di stampo grillino, eppure qualcosa di buono lo ha fatto, vedi l’eliminazione dell’art.18.

Salvini finora ha raddoppiato i voti per il suo partito all’insegna del pericolo nero ma è mancato all’appello sui temi che contano: tasse, autonomie regionali, sviluppo. Chi promette di votarlo non ha paura dei neri, lo fa perché spera che, dopo 20 anni di compromesso storico fra Berlusconi e post Pci, l’Italia possa riallinearsi alle altre economie europee, dopo 4 lustri di crescita dimezzata.

Invece Salvini si ingaggia con una tedesca che sembra più una casalinga meridionale che una walkiria (ma quante donne di punta della Lega sono meridionali…), si distrae, lascia che la finestra elettorale si chiuda, si fa strizzare dalle propaggini di poteri che non hanno base elettorale ma un po’, non troppo, di buon senso. 

Una analisi sui rapporti di vocalità e anche di forza nelle esternazioni governative mette in prospettiva il fenomeno, che tutti possono constatare nella cronaca politica giorno dopo giorno. L’analisi è di Giancarlo Giorgetti, sottosegretario leghista a Palazzo Chigi, a sua volta al centro dei malumori degli ultrà staliniani del suo partito. La elabora Valerio Valentini per il Foglio. Conclusione: comandano i tecnici, Conte, Moavero, Tria, con il sostegno del Quirinale.

Giorgetti dixit: “E se il governo tecnico ce l’avessero già imposto, senza dircelo?”. 

Valentini elabora: “L’indomani della risoluzione – momentanea – del contenzioso tra Roma e Bruxelles sui conti pubblici italiani, quell’esito potrebbe essersi in parte verificato, seppure in forma più grottesca e più ridicola, come del resto si confà a questa stagione politica”.

Questi i punti del ragionamento:

1. Nella mattinata di martedì 2 luglio, le comunicazioni fra i vertici della Lega con Conte si sono drasticamente interrotte, così che “ Salvini e soci sono stati costretti a informarsi attraverso le agenzie stampa, come gli ultimi degli spettatori” sia sulle trattative per le nomine a Bruxxelles sia sull’avanzamento delle trattative sulla procedura d’infrazione; 

2. è stata bocciata la candidatura della bulgara Kristalina Georgieva come possibile presidente della Commissione, “un nome che il premier italiano sembrava dovere supportare e che ha invece contribuito ad affondare”;

3. da un lato Conte, dall’altro Giovanni Tria, agivano con un’autonomia che sembrava perfino eccessiva. 

4. Per non dire di Enzo Moavero Milanesi delle sue “trattative parallele anche – e soprattutto – per promuovere la propria candidatura a commissario europeo”;

5. la fermezza con cui Conte ha preteso di rimandare a lungo la designazione del successore di Paolo Savona. “Finché c’è da gestire la procedura d’infrazione – ripeteva il premier – terrò io le deleghe, perché è bene parlare con una voce sola”.                                                                   

Di qui, conclude Valentini, mettendo in fila gli indizi, è maturata la convinzione dei dirigenti del Carroccio: “Conte gioca in proprio, e attraverso lui l’Europa ci ha commissariato: è una specie di nuovo Monti”. D’altronde, se è vero che finora si è garantito una sopravvivenza politica facendo il vice dei suoi vice, è altrettanto vero che “l’avvocato del popolo” potrebbe guadagnarsi ora una più stabile legittimazione ponendosi come il mediatore tra le richieste europee e la riottosità grilloleghista ad accoglierle, specie dopo che la finestra elettorale di settembre si sarà chiusa”. 

Il sospetto condiviso fra leghisti e grillini è che “Conte, e con lui Tria e Moavero, abbiano dato alle cancellerie francese e tedesca molte più garanzie di quelle effettivamente emerse: sia sui conti della prossima manovra, sia sulla politica estera, sia sulle nomine che dovranno essere fatte, la prossima primavera, per rinnovare i vertici di tutte le principali partecipate di Stato”.