Cocò Campolongo, bimbo bruciato a 3 anni. “Scudo” del nonno

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Ottobre 2015 - 08:23 OLTRE 6 MESI FA
Cocò Campolongo, 2 arresti per bimbo bruciato a 3 anni

Cocò Campolongo, 2 arresti per bimbo bruciato a 3 anni

ROMA – Il piccolo Cocò Campolongo fu bruciato col nonno che voleva pentirsi. Oggi, a distanza di più di un anno e mezzo da allora, sono state arrestate due persone, quelli che sono considerati i due autori del terribile delitto di ‘Ndrangheta di Cassano allo Jonio che scosse tutta l’Italia. Nicola, tre anni, fu ucciso e bruciato in auto insieme al nonno e alla compagna di questi, il 16 gennaio 2014. Anche papa Francesco aveva ricordato Cocò durante l’Angelus. Secondo gli investigatori il nonno usava il nipote come “scudo” per provare a dissuadere i suoi nemici.

Gli arresti sono stati compiuti dai carabinieri del Ros e da quelli del comando provinciale di Cosenza che hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, richiesta dalla procura distrettuale antimafia di Catanzaro. I due indagati, di cui non sono stati ancora resi noti i nomi, devono rispondere del triplice omicidio di Giuseppe Iannicelli, 52 anni, della compagna marocchina Ibtissam Touss, di 27, e – appunto – del nipotino dell’uomo, Nicola ‘Cocò’ Campolongo, di tre anni. I loro cadaveri furono trovati carbonizzati all’interno di un’autovettura.

Le indagini accertarono che i tre furono uccisi con diversi colpi di pistola; poi, i corpi furono bruciati. Il 26 gennaio 2014, dieci giorni l’omicidio, Papa Francesco rivolse a Cocò un pensiero e una preghiera in occasione dell’Angelus in piazza San Pietro: chi ha ucciso un bambino così piccolo, “con un accanimento senza precedenti nella storia della criminalità”, “si penta e si converta”, aveva detto il Pontefice, che qualche mese dopo incontrò anche il padre del bimbo, detenuto nel carcere di Castrovillari.

Le indagini dei Carabinieri, scrive l’Ansa, oltre a ricostruire il delitto fin dalle fasi preparatorie, “hanno consentito di individuare il movente, di documentare la sua connotazione tipicamente mafiosa ed evidenziare le dinamiche criminali insistenti nel territorio della sibaritide”. Lo sottolineano gli investigatori.