Coronavirus, perché si muore? Medico di Pavia: Non polmonite, ma microtrombosi venose

ROMA – Coronavirus, perché si muore?

Un medico di Pavia, o meglio dell’ospedale Beato Matteo di Vigevano, rivela:

Non è la polmonite, ma a far morire sono delle microtrombosi venose.

Su Facebook sta rimbalzando il testo riportato qui sotto, di cui è autore un cardiologo di Pavia.

Non ci sono nomi, potrebbe trattarsi di una bufala. Gli elementi tecnici fanno pensare che sia credibile. Ve lo proponiamo.

È una lettura che fa meditare. 

“Non vorrei sembrarvi eccessivo ma credo di aver dimostrato la causa della letalità del coronavirus.

Solo al Beato Matteo ci sono 2 cardiologi che girano su 150 letti a fare ecocardio con enorme fatica e uno sono io. Fatica terribile!

Però, di quello che alcuni supponevano, ma non ne riuscivano a essere sicuri, ora abbiamo i primi dati.

La gente va in rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto polmonare.

Se così fosse, non servono a niente le rianimazioni e le intubazioni perché innanzitutto devi sciogliere, anzi prevenire queste tromboembolie.

Se ventili un polmone dove il sangue non arriva, non serve! Infatti muoiono 9 su 10.

Perché il problema è cardiovascolare, non respiratorio!

Sono le microtrombosi venose, non la polmonite a determinare la fatalità!

E perché si formano trombi? Perché l’infiammazione, come da testo scolastico, induce trombosi attraverso un meccanismo fisiopatologico complesso ma ben noto.

Allora? Quello che la letteratura scientifica, soprattutto cinese, diceva fino a metà marzo era che non bisognava usare antinfiammatori.

Ora in Italia si usano antinfiammatori e antibiotici (come nelle influenze) e il numero dei ricoverati crolla.

Molti morti, anche di 40 anni, avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente.

Qui l’infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi.

Perché il problema principale non è il virus, ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra.

Infatti nei nostri reparti COVID non sono mai entrati malati di artrite reumatoide! Perché sono in terapia cortisonica.

Questo è il motivo principale per cui in Italia le ospedalizzazioni si riducono e sta diventando una malattia curabile a casa.

Curandola bene a casa eviti non solo l’ospedalizzazione, ma anche il rischio trombotico.

Non era facile capirlo perché i segni della microembolia sono sfumati, anche all’ecocardio.

Ma ho confrontato i dati dei primi 50 pazienti tra chi respira male e chi no e la situazione è apparsa molto chiara.

Per me si potrebbe tornare a vita normale e riaprire le attività commerciali. Via quarantena.

Non subito. Ma il tempo di pubblicare questi dati. Il vaccino può arrivare con calma.

In America e altri stati che seguono la letteratura scientifica che invita a NON usare antinfiammatori è un disastro! Peggio che in Italia.

E parliamo di farmaci vecchi e che costano pochi euro.”

La testimonianza del medico pavese/vigevanese, scrive un altro dottore sempre su Facebook, parrebbe confermata dai protocolli di alcuni altri ospedali:

al Sacco danno Clexane a tutti, con D-dimero predittivo: più è alto meno risponderà il pz.

al San Gerardo di Monza Clexane e cortisone

al Sant’Orsola di Bologna Clexane a tutti + protocollo condiviso con i medici di famiglia che prescrivono Plaquenil a pioggia su tutti i pz. monosintomatici a domicilio

“Integro con una precisazione sugli antinfiammatori:

La produzione di COX 2 è aumentata nei tessuti bersaglio virali da pazienti con infezione virale attiva e si è visto che la delezione della cox2 riduce la mortalità , mentre la delezione della cox1 è associata al peggioramento dell’infezione

“Quindi i farmaci antinfiammatori tipo Brufen, naproxene, aspirina che inibiscono la cox1 oltre che la Cox 2 non andrebbero usati,

“Mentre celecoxib un inibitore selettivo della Cox 2 sembra dare buoni risultati.

“Bisogna comunque aspettare esito di studi, invece questa analisi porta in evidenza la necessità di usare negli stadi più avanzati della malattia una eparina a basso peso molecolare ad alte dosi… (Clexane 8.000 UI/die)

Il medico afferma poi di evitare (per non appesantire troppo l’esposizione, e perché il testo è troppo tecnico) di riportare “un’interessante testimonianza di un anatomo-patologo”.

Basti pensare, aggiunge,

“che il “Papa Giovanni XXIII” di Bergamo ha eseguito 50 autopsie ed il “Sacco” di Milano 20 (quella italiana è la casistica più alta del mondo, i cinesi ne hanno fatte solo 3 e “minimally invasive”).

Tutto sembra confermare in pieno le informazioni sopra riportate.

In poche parole, pare che l’exitus sia determinato da una DIC (per i non medici, Coagulazione Intravascolare Disseminata) innescata dal virus.

Quindi la polmonite interstiziale non c’entrerebbe nulla, sarebbe stato soltanto un abbaglio diagnostico: abbiamo raddoppiato i posti in rianimazione, con costi esorbitanti, probabilmente inutilmente.

“Col senno di poi, mi viene da ripensare a tutti quegli Rx Torace che commentavamo circa un mese fa: quelle immagini che venivano interpretate come polmonite interstiziale in realtà potrebbero essere del tutto coerenti con una DIC.

“Sarà interessante adesso (una volta che tutte queste nuove informazioni venissero confermate) verificare se ci sarà la “volontà politica” di recepirle da parte delle Istituzioni.

Potrebbe significare uscire da questo casino in quattro e quattr’otto, togliendoci un sacco di rotture (mascherine, app di tracciamento, code ai negozi, ecc. ecc.)”.

Purtroppo, è l’amara conclusione, ci sono ragioni per avere “qualche dubbio al riguardo”. 

Il virologo Roberto Burioni controbatte. Definisce le parole del medico di Vigevano una bufala.

Anzi, una “scemenza di proporzioni immense. Lo scritto
mette insieme alcune cose vere con altre scemenze olimpioniche,
e arriva a conclusioni che definire senza senso è generoso”.
Il medico autore di quel testo è, nella greve ironia di Burioni,
“un genio che ha capito tutto mentre l’intero mondo si sbaglia e
che – guarda caso – ha anche trovato la soluzione: una cura
semplicissima, quasi banale, che risolverebbe il problema”.
spiega Burioni.

Il post su Facebook non sembra avere le caratteristiche della bufala piantata in rete da qualche malintenzionato. 

Una delle fonti sembra essere un chirurgo oculista piemontese, Carlo Orione, che ha ricevuto da un cardio chirurgo di Napoli, le considerazioni del cardiologo di Vigevano. E le ha inoltrate, avvertendo: “Non ho altre fonti, ma i presupposti per una discussione medico scientifica ci sono”.

Non sembrano proprio barboni. 

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