Fumare è una scelta, se ti viene il cancro niente risarcimento

di Redazione Blitz
Pubblicato il 11 Maggio 2018 - 11:33 OLTRE 6 MESI FA
Fumare è una scelta, se ti viene il cancro niente risarcimento

Fumare è una scelta, se ti viene il cancro niente risarcimento

ROMA – Fumare è una libera scelta, si accetta cioè di farlo anche sapendo che è nocivo, per questo chi si ammala di cancro, ha stabilito in Italia la Cassazione, non ha diritto a risarcimenti, né può incolpare altri che non se stesso. [App di Blitzquotidiano, gratis, clicca qui, Ladyblitz – Apps on Google Play] Nessun risarcimento, infatti, da parte di una multinazionale del tabacco Philip Morris e dei Monopoli dello Stato al fumatore incallito, ammalatosi e poi morto di cancro ai polmoni: la Cassazione ha respinto il ricorso e tolto ai familiari dell’uomo, deceduto prima che la causa di concludesse, la speranza di ribaltare la decisione dei giudici di primo e secondo grado che avevano bocciato la richiesta ritenendo il vizio del fumo “un atto di volizione libero”.

Non solo: la terza sezione civile della Suprema Corte (sentenza n. 11272), ha anche condannato la vedova e i figli, di cui uno minorenne, a pagare le ingenti spese legali, circa 20mila euro. L’uomo fin da giovane aveva fumato due pacchetti di sigarette di Marlboro al giorno e aveva cominciato a prendere realmente coscienza della pericolosità del fumo solo quando si erano manifestati i primi sintomi della malattia, un carcinoma al polmone, diagnosticato nel 2000.

Aveva cercato di smettere, senza riuscirci, convincendosi che l’assuefazione fosse dovuta alle sostanze contenute nelle sigarette. Nel 2002 aveva iniziato davanti al tribunale di Roma la sua battaglia contro i soggetti che le avevano prodotte e messe in commercio. Accusava il produttore di aver “subdolamente studiato e inserito nel prodotto sostanze in grado di generare uno stato di bisogno imperioso con dipendenza psichica e fisica”, e pur a conoscenza della pericolosità del fumo non aveva informato in modo adeguato i consumatori.

Inizialmente la causa era stata intentata anche contro il ministero della Salute per non aver obbligato la multinazionale ad offrire un prodotto più naturale, privo di rischi per la salute e di sostanze che producono assuefazione. Ma nessun giudice gli aveva dato ragione.

La Corte d’Appello di Roma, in particolare, aveva evidenziato che la dannosità del fumo costituisce da tempo “dato di comune esperienza”: fin dagli anni ’70 è nota la circostanza che il fumo provoca il cancro. Fumare, secondo il giudice d’appello, costituisce “un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di un soggetto dotato di capacità di agire”, il quale sceglie di fumare nonostante la notoria nocività del fumo.

Inoltre, secondo la Corte d’Appello, non si può sostenere che la nicotina annulli la capacità di autodeterminazione del soggetto, costringendolo a fumare senza possibilità di smettere. Una decisione confermata dalla Cassazione, che l’ha ritenuta priva di vizi di motivazione e dichiarato inammissibile il ricorso.

Contro la sentenza, definita “abnorme e sbagliata”, insorge il Codacons. Il verdetto, sostiene l’associazione dei consumatori, “viola tutti i più basilari principi di diritto alla vita e alla salute e rappresenta un enorme regalo alla lobby del tabacco. La libertà richiamata dai giudici in realtà non esiste; al contrario esiste una fortissima dipendenza causata dalla nicotina e che rende i fumatori schiavi”.

Si tratta di una decisione, inoltre, sottolinea il Codacons, “in netta controtendenza rispetto alla giurisprudenza di altri paesi. Per questo invitiamo i parenti della vittima a fare ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo e ci mettiamo a disposizione dei fumatori che hanno sviluppato patologie a causa del tabacco e dei loro parenti per intentare cause nei tribunali italiani”.