Inchiesta Marrazzo-trans, il Gip: “Cafasso non fu ucciso, Testini vada ai domiciliari”

Non è stata la droga, il mix tra cocaina ed eroina, ad ammazzare Gianguerino Cafasso, il pusher delle transessuali coinvolto nel presunto ricatto all’ex presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo. Alla luce di questa ”certezza”, il Gip del tribunale di Roma ha concesso gli arresti domiciliari a Nicola Testini, il maresciallo dei carabinieri che per quella morte era accusato di omicidio volontario premeditato. La procura di Roma impugnerà il provvedimento. ”Mancanza di indizi”, così il giudice ha motivato la decisione: Cafasso è morto per le precarie condizioni di salute in cui versava, per le aritmie cardiache a cui era soggetto. Per il carabiniere infedele, coinvolto anch’egli nel complotto contro Marrazzo, restano in piedi le accuse di cessione di sostanze stupefacenti a Cafasso e rapina nei confronti dell’ex governatore.

Il giudice Renato Laviola ha disposto i domiciliari (che Testini trascorrerà ad Adelfia, in provincia di Bari), ritenendo ancora concrete, benché ormai affievolite, le esigenze cautelari legate proprio alla vicenda Marrazzo e al quantitativo di stupefacente che il carabiniere avrebbe ceduto comunque a Cafasso poche ore prima della morte. Per il magistrato, comunque, dovrà essere rivalutata la versione dei fatti riferita agli inquirenti dal trans Jennifer, convivente del pusher. ”Fin dall’aprile scorso – ha affermato l’avvocato Valerio Spinarelli, legale di Testini – di fronte al tribunale del Riesame, il nostro consulente aveva dimostrato che la morte non era dovuta alla droga: abbiamo dovuto aspettare 7 mesi e la perizia di un consulente nominato dal giudice per vedere la nostra tesi accolta pienamente”.

Per il legale ”l’ordinanza del gip dimostra anche che l’accertamento tecnico eseguito dal consulente della procura, oltre ad essere infondato, è risultato essere anche non corrispondente alla realta’ accertata: si parlava di organi esaminati in sede di autopsia mentre quegli stessi organi sono risultati per nulla toccati”. Per il legale della famiglia Cafasso quella di Laviola è ”una decisione giusta e corretta”. ”In questa fase dobbiamo attenerci al diritto – afferma Monica Gregorio – e in base a quanto riferito dal prof Giovanni Arcudi, che ha effettuato la perizia medico legale sul corpo di Cafasso, nel corso dell’incidente probatorio molti aspetti di questa vicenda sono stati chiariti”.

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