Islam e le chiappe di statue e dipinti. Anche i modelli sottoposti a censura. In Italia nelle Accademie

di Lucio Fero
Pubblicato il 17 Aprile 2018 - 14:58 OLTRE 6 MESI FA
Islam e le chiappe chiare di statue e dipinti. Anche i modelli sottoposti a censura. In Italia nelle Accademie

Islam e le chiappe di statue e dipinti. Anche i modelli sottoposti a censura. In Italia nelle Accademie (nella foto Ansa, il David di Michelangelo)

ROMA – Islam e le chiappe di statue e dipinti. Pare viga una nuova regola, dove c’è l’uno (l’Islam) non vi può essere l’altra (la chiappa).

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Nessuno l’ha scritta la regola. Ma vige. Dicono sia in vigore per non offendere fede, sensibilità e cultura altrui. In realtà vige e viene applicata per non avere rogne e grane. Non c’è alcun motivo culturale e nessuna dignità intellettuale nel premunirsi a tener separati e reciprocamente intoccabili e invisibili l’Islam incarnato nei suoi credenti e le chiappe di statue e dipinti.

Chiappe, glutei e non solo. Anche seni. Per non dire di organi sessuali. Il nudo, anche di marmo o di tela, non va mostrato se di là passa l’Islam. Non va mostrato, va coperto. Prima che di là passi un qualche Islam. Succede non ovunque e non il più delle volte. Ma è già successo e succede troppe volte in Italia. Violando così, umiliando così, facendo così polpetta macilenta di ragione e cultura e arte.

Per millenni, dalla grecità greco classica al Rinascimento, l’arte occidentale ha fatto uso del nudo umano e ne ha fatto studio, disciplina e appunto arte. Fino a produrre capolavori. Un occidentale, in questo caso un umano di ragione e cultura, non si eccita davanti ad una statua senza abiti né sente macchiata la sua onorabilità se la donna che lo accompagna vede quella statua. Se invece una cultura sessuofoba ritiene di doversi difendere dalla rappresentazione del corpo umano, dispiace per chi ha questo problema. Ma è appunto e deve restare un problema suo. Non nostro. Senza tema di esagerare le braghe o i teli messi a coprire una statua o un dipinto quando passa di là l’Islam sono fatti della stessa materia per cui un giorno qualcuno potrebbe chiedere che anche qui da noi la donna si veli. Magari solo quando passa l’Islam.

Chi chiede di coprire e velare il nudo di statue e dipinti e illustrazioni non chiede il rispetto per una cultura altrui. Chiede il dispetto alla nostra cultura e chiede una concessione, anzi un passo indietro. Chiede all’Occidente di tornare di un passo ai secoli in cui anche noi velavamo l’arte e la concepivamo solo al servizio della liturgia della religione dominante. Un valore, quello della teocrazia, cioè della religione che detta la legge civile e comanda gli usi e costumi, da non rispettare per nulla. Un valore che non merita rispetto.

E invece in Italia accade che anche i modelli che lavorano e posano per le Accademie siano sottoposti a censura…islamica. Una donna, una modella professionista ha raccontato a Radio 24 che nell’istituto dove lavorava la protesta di genitori islamici di allievi islamici ha indotto i responsabili dell’istituto ad abolire le pose di nudo. Ora fatto sta che il nudo sia una specifica materia. Ma contro il nudo famiglie islamiche. E quindi il nudo via dal programma di insegnamento. Durante la trasmissione di Radio 24 sono stati forniti nomi dell’Istituto e della modella. Se questa dice il vero (e radio 24 ha promesso che accerterà), se il racconto avesse anche solo in parte riscontro e fondamento, allora saremmo ad un otto settembre della cultura.

Se infatti un Islam iconoclasta (avverso alla rappresentazione figurativa della divinità e non solo) reclama in Italia il diritto per i suoi credenti a frequentare Accademie d’Arte e detta anche le condizioni e i confini di ciò che può essere insegnato e appreso, se questo davvero avviene in silenzio e sotto traccia è otto settembre della cultura. E’, sarebbe, lo Stato e la società civile che si squagliano. Magari facendo finta di non vedere. Già facciamo finta di non vedere le troppe scuole dove presidi e prof sono preoccupati e angosciati di fare Natale e Pasqua troppo cristiani. E non per finalmente sopravvenuto laicismo nella scuola pubblica. No, la ragione è che un’altra religione, oggi più intollerante e aggressiva del cristianesimo, li intimidisce per interposte famiglie islamiche. E, come riassume Massimo Gramellini sul Corriere della Sera, perché qualcuno chieda e ottenga di mettere le braghe alle statue occorre che qualcun altro le braghe se le cali a comando.