Ponzellini indagato, Laboccetta si porta via il computer: “Questo è mio”

Pubblicato il 10 Novembre 2011 - 20:44 OLTRE 6 MESI FA

Massimo Ponzellini (Foto LaPresse)

ROMA – Un giallo durante la perquisizione all’ex presidente Bpm Massimo Ponzellini: il deputato del Pdl Amedeo Laboccetta si è infatti portato via un computer, spiegando ai militari che era suo e che quindi non poteva essere visionato. Gli agenti stavano perquisendo a Roma, in piazza di Spagna, la sede di una società riconducibile a Francesco Corallo, titolare di una società off-shore e secondo la procura a capo della catena di comando della società Atlantis BPplus Gioco Legale, che ha invocato l’immunità riferendo di essere ambasciatore di uno stato caraibico.

Lo stesso Corallo ha però poi chiamato Laboccetta, che una volta giunto sul posto ha preso il computer spiegando che era suo e di avere l’immunità parlamentare. L’inchiesta relativa a Ponzellini ha preso avvio da un rapporto ispettivo di Bankitalia del giugno scorso e ipotizza i reati di associazione a delinquere e ostacolo all’autorità di vigilanza per finanziamenti ad alcune società off shore.

Secondo la procura infatti Ponzellini e gli altri indagati avrebbero dato vita a una “associazione affaristica criminale”. Per l’approvazione del finanziamento ad Atlantis e anche di altri finanziamenti, Ponzellini si sarebbe speso “personalmente in maniera del tutto anomala”. Insieme a Ponzellini è indagato Antonio Cannalire, uomo legato al business delle macchine da gioco, che avrebbe trattato – si legge nel decreto di sequestro – in una posizione di “supremazia coi dirigenti di Bpm”.

Secondo i magistrati l’ex numero uno dell’istituto milanese potrebbe avere ottenuto “guadagni illeciti dall’operazione di finanziamento ad Atlantis”. Dal decreto di perquisizione si ricava inoltre che Ponzellini avrebbe esercitato “pressioni sugli organi deputati alla valutazione del finanziamento”.

”E’ solo un grande equivoco”, si difende Laboccetta. ”Sono stupito dalle notizie fuorvianti che sto leggendo. Intendo precisare che giovedì mattina ero andato a trovare presso la sua abitazione in Piazza di Spagna in Roma l’amico Francesco Corallo. Una persona che frequento da oltre trent’anni, e nel momento in cui è giunta la Guardia di Finanza per una perquisizione, doverosamente sono andato via portando con me il mio computer”. ”Ogni diversa ricostruzione – conclude – non corrisponde alla verità dei fatti e mi riservo di agire in sede giudiziaria per eventuali ipotesi di diffamazione”.