No Green Pass, il nuovo fronte di quelli che vanno contro. Contro tutto, contro il governo, contro il Coronavirus, contro le regole, contro la salute pubblica. In principio furono No Mask, poi No Lockdown, poi No Vax. Ora No Green Pass. Cambia il nemico da combattere, non cambia la sostanza.
Cambia, al massimo, il premier da odiare. Prima era Conte, ora è Draghi. Il succo è lo stesso: non ci vogliamo vaccinare, non ci potete obbligare, non potete limitare la nostra vita. Liberi di ammalarsi, secondo loro. Liberi di infettare, come ha spiegato Draghi in conferenza stampa. E, potenzialmente, di uccidere. Il discorso è sempre lo stesso: si può derogare alla libertà individuale di vaccinarsi in nome della salute collettiva? Nel dubbio, il Green Pass è il compromesso che il governo ha trovato per “incitare” la campagna vaccinale.
Ma non tutti ci stanno: dopo la prima manifestazione avvenuta a Torino in concomitanza col disvelamento del decreto, sabato 24 luglio molti scenderanno nelle piazze. O meglio, molte piazze saranno invase dai No Green Pass.
Poi c’è la questione delle discoteche. Anche i gestori delle discoteche sono contro il dpcm di Draghi e ricorreranno al Tar. Le discoteche resteranno chiuse per tutta l’estate. Loro, almeno, qualche ragione ce l’hanno. Siamo sicuri che andare a ballare in un posto comunque controllabile sia meno sicuro delle feste private (che si moltiplicano in tutta Italia)?
Manifestazioni No Green Pass in tutta Italia
Manifestazioni simultanee in molte città italiane sono state convocate attraverso Facebook e alcuni canali Telegram da gruppi che si dichiarano contro “il passaporto schiavitù e l’obbligo vaccinale”. L’appuntamento è per domani alle 17:30. I promotori, che affermano di essere inseriti in una mobilitazione mondiale chiamata in contemporanea, la “World Wide Demonstration”, annunciano iniziative in una cinquantina di località, da Roma ad Aosta, da Ragusa a Trieste. Le manifestazioni in Italia sono dirette “contro il passaporto schiavitù, gli obblighi vaccinali, la truffa Covid, la dittatura”.
I gestori delle discoteche ricorrono al Tar contro il Dpcm
I gestori delle discoteche ricorrono contro la scelta del Consiglio dei ministri di mantenere chiuse le loro attività. Alcuni di loro hanno deciso di impugnare il nuovo decreto davanti ai propri Tar competenti territorialmente. A riferirlo è l’Associazione Giustitalia, che spiega: “attraverso più ricorsi ai tribunali amministrativi presentati dagli esercenti, i gestori chiedono l’annullamento del nuovo decreto (RPT decreto) nella parte in cui impone il mantenimento della chiusura dei locali”.
I gestori non hanno nulla da obiettare, invece, sull’obbligo di indossare la mascherina anche mentre si balla. Sono 2.500 le imprese del settore dei locali da ballo interessate alle chiusure, per un totale di 50 mila dipendenti e un fatturato complessivo di 5 miliardi di euro (nel 2019). Circa mezzo milione, sempre secondo Giustitalia, gli italiani di ogni fascia di età che vorrebbero riprendere a scendere in pista.
“I gestori sono consapevoli che questo momento storico è alquanto particolare, ma prima o poi la vita riprenderà. E allora la gente si renderà conto che un terzo dei locali ha chiuso, forse per sempre, perché non ci sono aiuti dallo Stato” commenta l’Associazione.
“Chi esercita professionalmente attività imprenditoriale da ballo sono mesi e mesi che non ha entrate, a parte una piccolissima parentesi di luglio scorso, e deve (comunque) pagare gli affitti, i dipendenti, e ci sono famiglie che vivono su queste attività. E poi ci sono anche decine di migliaia di lavoratori stagionali che vivono di stipendi mensili ora azzerati: camerieri, dj, musicisti, addetti alla sicurezza, barman, personale dei locali, ballerini, imprese di spettacolo”.
Secondo Giustitalia, infine, per “la conseguente privazione di luoghi che possono essere messi in sicurezza e controllati dalle forze dell’ordine potrebbe comportare il rischio concreto di ‘aggregazioni selvagge ed abusive’ (soprattutto da parte dei ragazzi) in luoghi privati improvvisati senza alcuna sicurezza sanitaria e senza alcuna vigilanza”.