Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale continua a negare: “Non l’ho uccisa io e non chiamai Awelima”

di redazione Blitz
Pubblicato il 4 Maggio 2018 - 17:06 OLTRE 6 MESI FA
Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale continua a negare: "Non l'ho uccisa io e non chiamai Awelima"

Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale continua a negare: “Non l’ho uccisa io e non chiamai Awelima”

MACERATA – Mentre il corpo di Pamela Mastropietro è in viaggio verso Roma, dove domani 5 maggio si terranno i funerali, Innocent Oseghale continua a gridare la sua innocenza dal carcere di Ascoli Piceno. “Non l’ho uccisa io e nemmeno l’ho fatta a pezzi. Tantomeno l’ho proposta ad Awelima per un rapporto”, ha detto al gip di Macerata Rita De Angelis che lo ha interrogato per rogatoria. Erano presenti i suoi legali, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, e un un interprete.

Ieri, il nigeriano era stato formalmente accusato di omicidio volontario in concorso, dopo che nel fascicolo che lo riguardano si erano aggiunti i risultati degli ultimi esami del Ris e le trascrizioni di alcune inquietanti intercettazioni telefoniche. In precedenza, le sole accuse riconosciute dal giudice nei confronti del 29enne erano state quelle di occultamento e vilipendio di cadavere.

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Dinanzi al gip che lo ha interrogato questa mattina, Oseghale ha anche negato di aver telefonato a Lucky Awelima per invitarlo “a stuprare una ragazza che dormiva”, come quest’ultimo avrebbe confidato a Desmond Lucky in carcere. Quella conversazione intercettata dagli inquirenti si trova ora agli atti. Riferendosi a tale contestazione l’avv. Matraxia osserva che “non c’è nessun riscontro indiziario a supporto, e non a caso il gip ha rigettato la richiesta di applicare ad Oseghale la custodia cautelare; rimane una mera ipotesi investigativa, priva di riscontri oggettivi”.

Nel corso dell’interrogatorio di garanzia non è stato però affrontato il tema della violenza sessuale che avrebbe preceduto l’omicidio: per la procura si sarebbe consumata, mentre Pamela “era in condizioni fisiche menomate” poiché aveva assunto eroina. La prova, secondo il pm, sta nel fatto che Oseghale avrebbe “lavato i genitali della ragazza usando la candeggina per cancellare le prove dell’abuso”.

Una convinzione tuttavia non condivisa dal gip, orientato a credere che la ragazza sia stata uccisa dopo un malore. Oseghale ha risposto sia in italiano sia in inglese alle domande poste dal giudice De Angelis. Come già avvenuto il 15 marzo scorso, in un colloquio con il legale e poi in un interrogatorio dei carabinieri, il nigeriano ha ancora una volta ribadito la sua estraneità alle accuse che gli muove la Procura.

Ha ricostruito nei dettagli tutti i suoi movimenti del 30 gennaio, giorno in cui l’accusa colloca la morte della ragazza romana, ritrovata il giorno dopo a pezzi dentro due valige. Oseghale ha detto di essere uscito dall’appartamento in via Spalato e di aver lasciato Pamela, ancora viva, distesa sul letto. Con lei – secondo la sua versione – sarebbe rimasto Desmond Lucky, altro nigeriano finito in carcere insieme a Lucky Awelima per l’omicidio della 18enne.

Oseghale ha spiegato di essersi allontanato dall’appartamento per andare a consegnare droga ad alcuni clienti in via Cairoli e in un’altra zona di Macerata non meglio identificata; ha fatto anche i nomi di alcuni acquirenti dello stupefacente. Ha poi aggiunto di essere tornato a casa e di aver notato sangue in alcuni punti dell’appartamento e nei pressi delle due valige. Insospettito – questo il suo racconto -, le ha aperte, scoprendo che contenevano i resti di Pamela. A suo dire in casa non c’era più Desmond.