Torino, Stefano Leo sgozzato per una foto? Testimone: “Il killer mi gridava cosa fai con quel telefono”

di Veronica Nicosia
Pubblicato il 28 Febbraio 2019 - 08:45 OLTRE 6 MESI FA
Stefano Leo sgozzato per una foto a Torino? Il racconto del testimone

Torino, Stefano Leo sgozzato per una foto? Testimone: “Il killer mi gridava cosa fai con quel telefono”

ROMA – Un uomo seduto su una panchina, nervoso. Vede un passante col telefono in mano, inveisce contro di lui: “Non mi fotografare, che cavolo fai con quel telefono?”. L’uomo che inveiva è il presunto killer di Stefano Leo, sgozzato in pieno giorno ai Murazzi sul lungopo di Torino. Il passante è un testimone, ritenuto attendibile dagli investigatori, e le cui parole sono state ascoltate con attenzione e messe agli atti.

Secondo la ricostruzione del testimone, un uomo era seduto su una panchina tra Corso San Maurizio e Via Napione. Il presunto killer era nervoso: “Quando mi ha visto prendere in mano il cellulare si è infuriato. Non mi fotografare, che cavolo fai con quel telefono? Mi si è rivoltato contro e io mi sono allontanato in fretta. Non volevo grane”.

Gli investigatori ora ritengono che Stefano, che aveva le cuffie alle orecchie, possa aver incrociato il killer ed estratto il telefono, scatenando la sua furia senza sapere cosa stava accadendo. Il killer, definito “squilibrato e pericoloso” dagli inquirenti, si trovava proprio in una zona di spaccio di droga, dove i pusher attendono i loro clienti.

La testimonianza inoltre è stata definita attendibile dagli inquirenti, dato che la descrizione data dall’uomo è compatibile con quella del sospettato che è stato filmato dalle telecamere di sicurezza della zona in cui è avvenuto il delitto. Fabrizio Russo, criminologo e profiler di Torino, che da anni lavora in carcere con responsabili di crimini violenti, ha commentato: “L’assassino di Stefano Leo ricalca i profili di un soggetto psicotico, ossia di un soggetto che si sente sempre minacciato dal mondo esterno e che è sempre pronto a difendersi”.

Russo ha poi aggiunto: “L’impulso paranoico si può attivare in qualsiasi momento in uno stato di forte angoscia, davanti a certi dettagli, come possono essere i capelli rasati o il giubbotto mimetico, e a determinati atteggiamenti”. A parere dell’esperto, l’abilità dell’omicida nel maneggiare l’arma fa pensare “a un passato da militare o comunque a qualcuno che sa utilizzare le armi. Non si tratta necessariamente di uno sbandato. Gli psicotici sono soggetti molto rari, che difficilmente tornano sul luogo del delitto o seguono le notizie al telegiornale, a differenza degli psicopatici. Non sono seriali, ma possono arrivare a commettere crimini violenti davanti a certi stimoli”. 

Fonte Ansa e Corriere della Sera