Università: la storia dei “docenti a contratto” con un euro di stipendio se tutto va bene

di Davide Maggiore*
Pubblicato il 29 Ottobre 2010 - 13:51 OLTRE 6 MESI FA

Ufficialmente, nel linguaggio delle segreterie universitarie, si chiamano “docenti a contratto”. Ma l’ultimo termine, in questo caso, è quantomeno paradossale. Perché un contratto, normalmente, prevede uno stipendio. Ma sono sempre di più quelli che in Italia, dalle Alpi alle isole, per quello che è un incarico universitario a tutti gli effetti, compenso ne prendono poco o nulla. Letteralmente.

Studenti universitari in un'aula affollata

Il nuovo record è stato raggiunto all’università di Genova, dove il 65 per cento dei docenti a contratto (cioè quasi duecento prof), alla voce stipendio trova scritto zero euro. Zero virgola zero. Poco meglio stanno altri duecentocinquanta colleghi, che, sempre sotto la Lanterna, vedono i loro compensi lievitare (per così dire) fino a 15 o anche (con un po’di fortuna) 83 euro.  Giurisprudenza, Ingegneria, Architettura, ma soprattutto Lettere le facoltà dei senza stipendio.

Il record genovese non è dovuto all’ormai leggendaria indole sparagnina ligure, ma più banalmente ad un effetto perverso della riforma Gelmini. I finanziamenti ministeriali sono stati tagliati, ma i corsi vanno coperti ugualmente. Prevedibilmente, intervenire sugli stipendi dei docenti di ruolo, anche se fosse possibile, aumenterebbe le proteste, già in corso, degli accademici.

La via di risparmiare sulle cattedre meno garantite quindi è quasi inevitabile. E anche e il primato genovese è difficile da raggiungere, c’è chi prova almeno ad avvicinarlo. Pisa, Roma (La Sapienza e Tor Vergata), Bologna, Milano, Torino. E poi Cagliari, dove il bando scade a inizio novembre e Sassari, ormai diventata su Internet il simbolo delle università che assumono in cambio di un obolo simbolico. Che in questo ma anche in altri casi, corrisponde ad un euro. Per di più, specificano le carte con involontaria ironia, lordo.

Eppure chi fa domanda per questi posti c’è sempre, nonostante non garantiscano alcun futuro in aula. Però fanno curriculum,  e danno diritto all’ambito titolo di “Professore”. Per cui via con lezioni, esami, seminari, incarichi da relatori di tesi e in commissione di laurea. Dopo aver vinto un concorso, naturalmente, in cui le spese sono certamente superiori ai guadagni, per quanti anni possa durare la docenza. Ma mai un bando è andato deserto.

La copertura legale per queste operazioni c’è: il Decreto ministeriale dell’8 luglio 2008. La cui intestazione recita: “Criteri e modalità per il conferimento da parte degli Atenei di incarichi di insegnamento gratuiti e retribuiti”. Impossibile pagare i docenti più di quanto permettano gli stretti vincoli di bilancio. Più si taglia, insomma, meno pesano gli stipendi. Ma la figura dei docenti a contratto non nasce per tappare i buchi della didattica: nelle intenzioni era un modo di mandare in cattedra esperienze extrauniversitarie e, come si dice, figure di “chiara fama”. Che magari, dopo anni di ricerca all’estero, sarebbero anche stati pronti ad accettare stipendi inferiori pur di tornare a casa. Ma che con la svolta degli “euro zero” probabilmente resteranno dove sono.

* Scuola di giornalismo Luiss