Spy story Argentina: la “pista iraniana”, il petrolio e il giallo della morte dell’anti Kirchner

di Redazione Blitz
Pubblicato il 20 Gennaio 2015 - 15:18 OLTRE 6 MESI FA
Argentina. Alberto Nisman, accusatore Kirchner, ucciso? Nessuna polvere da sparo

Alberto Nisman

BUENOS AIRES – L’ultimo tassello del giallo argentino, diventato ormai una spy story internazionale fatta di morti sospette, una “pista iraniana” e il petrolio, riguarda la polvere da sparo. Alberto Nisman, il procuratore che accusava la presidente argentina Cristina Kirchner, non si è infatti suicidato ma è stato ucciso. Nessuna traccia di polvere da sparo è stata infatti trovata sulle mani del magistrato.

Accanto al cadavere di Nisman è stata trovata una pistola calibro 22 e un bossolo. Secondo i risultati dell’autopsia la pallottola ritrovata nel cervello del pm corrispondeva a questa arma. Gli investigatori, però, mettono le mani avanti: il fatto che non vi fosse polvere da sparo sulle mani della vittima non deve per forza far pensare ad un omicidio, perché “una calibro 22 non è un’arma di guerra, il che fa sì che molte volte lo scanning elettronico (sul corpo della vittima) non dà un risultato positivo.

Ma come si è arrivati alla morte di Nisman? Grande accusatore della Kirchner per il tentato insabbiamento della “pista iraniana” dietro un attentato antisemita del 1994, il procuratore argentino è stato trovato morto domenica sera, alla vigilia di un’audizione a porte chiuse in Parlamento sull’inchiesta. Il corpo era nella vasca da bagno della sua abitazione, un colpo di pistola alla testa. 

Nisman era titolare dell’inchiesta sulla strage di Amia dal 2004. Dopo oltre dieci anni di accertamenti, la scorsa settimana aveva chiesto di indagare sulla Kirchner. La presidente, era il sospetto di Nisman, avrebbe cercato di ostacolare l’accertamento della verità per coprire le responsabilità dell’Iran. Sullo sfondo quell’accordo con Teheran, le forniture di petrolio iraniano. Alcuni alti funzionari iraniani sono ricercati dalla giustizia argentina, mentre in Argentina, oltre alla Kirchner, l’ombra del sospetto grava anche sul ministro degli Esteri Hector Timerman e su Carlos Menem, presidente all’epoca dell’attentato. 

Nisman aveva lanciato apertamente le sue accuse contro la presidenza solo cinque giorni prima di morire. Da allora era stato minacciato ed era attentamente protetto dalla polizia. Ma chi lo conosceva bene oggi racconta di un uomo che da tempo conviveva con il pericolo portato alla sua vita dagli agenti iraniani e con la costante pressione del governo argentino sul suo lavoro. 

Domenica sera, gli agenti addetti alla sua sicurezza hanno avvertito i loro superiori: Nisman non rispondeva al telefono. La madre del magistrato aveva provato a entrare in casa, ma non ci era riuscita perché una chiave era infilata nella serratura dalla parte interna dell’appartamento. Quando un fabbro ha rimosso l’ostacolo, la scoperta del corpo senza vita di Nisman nella vasca da bagno, con accanto una pistola calibro 22 e un bossolo