ABUJA – Boko Haram potrebbe aver usato e continuare ad usare come kamikaze le giovani studentesse rapite nel college cristiano di Chibok nell’aprile del 2014. Si spiegherebbe così il numero sempre crescente di attentati suicidi compiuti da donne, per lo più giovani, in mercati, moschee ed altri luoghi affollati dello Stato di Borno, ma non solo.
E non è nemmeno detto che a queste ragazze vada peggio che alle altre. Come aveva raccontato una ragazza che era riuscita a fuggire dai suoi aguzzini, questi le avevano costrette a convertirsi all’islam, minacciandole di morte se non l’avessero fatto. Poi aveva stuprato molte di loro, mettendole incinte o contagiandole con malattie veneree.
Come succede tra gli jihadisti del cosiddetto Isis, anche tra quelli di Boko Haram le donne vengono rapite per servire come schiave sessuali. Ma anche come kamikaze.
Due degli attentati più cruenti degli ultimi tempi in Nigeria (e nel mondo), quello del campo profughi di Dikwa e quello del mercato di Damataru, sono stati compiuti proprio da giovani donne, passate inosservate perché nascondevano le cinture esplosive sotto i grossi burqa.
Le ragazze, inoltre, destano meno sospetti degli uomini, difficilmente vengono controllate accuratamente, anche perché la cultura musulmana tende ad evitare i contatti fisici tra uomini e donne. Inoltre una giovane kamikaze suscita più indignazione rispetto ad un kamikaze in là con gli anni e uomo.
E non ci sono solo le 275 studentesse di Chibok nelle mani di Boko Haram. Amnesty International ha calcolato che sono circa duemila le donne e le ragazze nigeriane nelle mani degli islamisti.