Jeffrey Epstein, Fbi setaccia l’isola dei Caraibi dove si facevano i festini: caccia a computer e cassaforte

di redazione Blitz
Pubblicato il 14 Agosto 2019 - 19:58 OLTRE 6 MESI FA
L'isola di Jeffrey Epstein

L’isola di Little St. James (Foto Ansa)

WASHINGTON – L’Fbi passa al setaccio Little St. James, nota anche come isola dei pedofili o isola delle orge, un angolo di Paradiso nel cuore dei Caraibi trasformato dal finanziere americano Jeffrey Epstein in quella che i residenti dell’arcipelago delle Virgin Islands hanno da tempo ribattezzato Isle of Sin, isola del peccato, da quando 20 anni fa il milionario americano l’acquistò.

Ora su quell’isola gli agenti dell’Fbi e della polizia di New York sono a caccia di prove che diano nuovo impulso alle indagini sugli abusi sessuali e il traffico di minorenni che Epstein aveva messo in piedi con i suoi complici.

A bordo delle golf car i federali si spostano da una parte all’altra dell’atollo e avrebbero già sequestrato alcuni computer e altro materiale sistemato in alcuni scatoloni. Ma il vero colpo grosso potrebbe essere un altro: la cassaforte di acciaio che si trova nella residenza principale dell’isola e che potrebbe contenere ben altro che soldi in contanti.

A Litle St. James Epstein andava spesso e arrivò ad avare fino a cinque imbarcazioni, tra cui un ferry da 200 posti con cui ospiti e lavoranti facevano la spola dalla vicina St. Thomas. Portava molte persone e, secondo i racconti, molte giovani donne che prendevano il sole a bordo piscina in topless, mentre lui si aggirava in costume, a torso nudo e ciabatte da mare.

Qualcuno giura di aver visto tra gli ospiti Bill Clinton e altri potenti. Ma la gran parte degli addetti dell’isola furono costretti un paio di anni fa a firmare accordi di segretezza per non svelare nulla di quanto avevano visto.

Intanto a New York è scattata la prima causa civile contro il patrimonio di Epstein, valutato in almeno 550 milioni di dollari. A presentarla Jennifer Araoz, 32 anni, che accusa di essere stata adescata quando aveva 14 anni davanti a un liceo di Manhattan e abusata in casa Epstein da quando ne aveva 15, con tanto di stupro nel 2002.

La donna punta il dito anche su Ghislaine Maxwell, la sodale di Epstein tuttora ricercata, e tre membri dello staff che accusa di complicità: tre donne che nelle carte vengono chiamate Jane Doe 1, 2 e 3, e che svolgevano rispettivamente il ruolo di reclutatrice delle minorenni, di segretaria e di domestica. “Anche loro hanno reso possibile che tutto ciò accadesse”, afferma il legale della Araoz, che andava nella lussuosa mansion nell’Upper East Side di Manhattan una o due volte a settimana per una o due ore pagata 300 dollari a volta per fare quei famigerati massaggi che quasi sempre degeneravano in prestazioni sessuali.

Va avanti anche l’indagine su come sia stato possibile che Epstein si sia tolto la vita in una prigione federale. Dalle ultime indiscrezioni emerge come i due agenti penitenziari sospesi si siano addormentati durante il loro turno di vigilanza omettendo di controllare la cella del finanziere per ben tre ore la notte prima del suicidio. E falsificando il rapporto per coprire la loro grave mancanza. Trasferita temporaneamente anche la direttrice del carcere in attesa dell’esito delle inchieste condotte dall’Fbi e dal Dipartimento di giustizia. (Fonte: Ansa)