Wikileaks, Ecuador concede asilo a Assange. Londra tuona: “Estradiamo comunque”

Pubblicato il 16 Agosto 2012 - 07:58 OLTRE 6 MESI FA
Julian Assange (Foto Lapresse)

QUITO – L’Ecuador avrebbe concesso l‘asilo politico a Julian Assange. Lo dice Sky News. E Londra alza la voce. La decisione dell’Ecuador di dare a Julian Assange l’asilo politico ”non cambia niente”, ha indicato il Foreign Office in un comunicato in cui ricorda che in base alla legge britannica Assange ha esaurito tutte le opportunità di presentare appello e adesso il governo di Sua Maestà è vincolato ad estradarlo in Svezia.

Il Paese sudamericano non ha ancora dato la conferma ufficiale, ma che abbia ormai preso la propria decisione lo si capisce dalle parole del ministro degli Esteri, Ricardo Patino. La Gran Bretagna ha subito minacciato un blitz all’ambasciata, e ha fatto sapere che non permetterà che Assange lascia la Gran Bretagna da uomo libero. ”Se riceveremo una richiesta di salvacondotto per Assange in caso di asilo politico, questa richiesta sarà rifiutata in linea con i nostri obblighi legali”, ha reso noto il Foreign Office con una nota.

Il fondatore di Wikileaks è accusato di violenza sessuale e dovrebbe essere estradato in Svezia. Da giugno si è rifugiato nell’ambasciata ecuadoregna a Londra. L’editore australiano ha chiesto alle autorità di Quito l’asilo politico nel timore che la Svezia lo estradi negli Stati Uniti, dove su di lui pendono accuse  pesanti per le rivelazioni compiute da Wikileaks due anni fa sulle attività del Dipartimento di Stato.

Il ministro Patino ha parlato dell’esistenza di una “minaccia” della Gran Bretagna “per prendere d’assalto” l’ambasciata ecuadoriana a Londra per arrestare Assange.  Durante la conferenza stampa, il ministro ha precisato che Quito ”ha ricevuto la minaccia a voce e per scritto” da parte di Londra per prendere d’assalto l’ambasciata. Patino ha definito il fatto ”improprio per un paese democratico, civile e rispettoso del diritto”.

Sottolineando che l’Ecuador ”non è una colonia” del Regno Unito, il ministro degli esteri ha detto che Quito convocherà una riunione d’urgenza dell’Unasur (blocco che raggruppa 12 paesi del Sudamerica) e dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa).

La lettera in questione, che minaccia un intervento all’ambasciata, sostiene che, sulla base di una serie di norme internazionali, la Gran Bretagna potrebbe ”prendere le azioni necessarie per arrestare Assange nell’ambasciata” dell’Ecuador a Londra.

Per Londra, la ”strada” di tale azioni rimarrà aperta ”nel caso in cui voi non risolverete la questione della presenza del signor Assange” nell’ambasciata di Quito a Londra, che – precisa la lettera citata dall’agenzia – si augura ”sinceramente di non dover arrivare a tale punto”. ”Nel Regno Unito c’è una base legale” che potrebbe permettere tali azioni, aggiunge il testo, ricordando ”la legge sulle sedi diplomatiche e consolari del 1987”.

Pur comprendendo ”la forte pressione politica in Ecuador” per il caso Assange, il testo sottolinea che la ”situazione dovrà essere risolta qui, nel Regno Unito, in linea con i nostri obblighi legali”, ricordando inoltre che nel caso di un via libera di Quito all’asilo per Assange, Londra ”respingerà” l’eventuale richiesta di un salvacondotto.

Nel messaggio alle autorità di Quito la Gran Bretagna si è appigliata a una legge del 1987, il Diplomatic and Consular Premises Act, mai applicata ma che in teoria le consentirebbe di arrestare Julian Assange all’interno dell’ambasciata. La legge dà il potere di revocare lo status di una rappresentanza diplomatica se lo stato in questione ”cessa di usare la sede per gli scopi della sua missione o attività consolare” ma solo se questa azione è ”consentita sulla base del diritto internazionale”. Nel messaggio la Gran Bretagna auspica che ”non si arrivi a questo punto”.

La legge, mai usata per entrare con la forza in una ambasciata, è stata approvata dopo l’assedio del 1984 dell’ambasciata libica a Londra scattato quando qualcuno al suo interno sparò colpi di arma da fuoco che uccisero la poliziotta britannica Yvonne Fletcher.  Il braccio di ferro di 11 giorni si concluse con l’espulsione dei diplomatici libici e la rottura dei rapporti diplomatici tra Londra e Tripoli.

Intanto giovedì mattina ci sono stati scontri tra i manifestanti pro-Assange e la polizia davanti all’ambasciata dell’Ecuador. Scotland Yard ha costretto con la forza il drappello di sostenitori del capo di Wikileaks, alcuni con in faccia la maschera di Guy Fawkes adottata dal movimento Occupy the City e dallo stesso Assange, a spostarsi dall’altro lato della strada rispetto all’ingresso della sede diplomatica. Tre manifestanti sono stati arrestati.

Wikileaks ha chiesto le dimissioni del ministro degli Esteri britannico William Hague in relazione al braccio di ferro con l’Ecuador su Julian Assange. ”Ci sembra interessante che questo sviluppo coincida con l’assunzione da parte di Hague dei poteri esecutivi in assenza del primo ministro David Cameron e del suo numero due Nick Clegg”, ha detto un portavoce del sito anti-segreti. ”Il Foreign Office ha finora gestito i negoziati con l’Ecuador sull’asilo di Assange. Se Hague, come sembra, ha approvato la decisione (di minacciare la revoca dell’immunità diplomatica dell’ambasciata di Quito) Wikileaks ne chiede le dimissioni”, ha detto il portavoce.