Coltan e cassiterite: dalla guerra sangue nel cellulare

di Francesca Cavaliere
Pubblicato il 24 Dicembre 2015 - 07:18| Aggiornato il 19 Settembre 2018 OLTRE 6 MESI FA
"Materiali conflittivi" dalla guerra in Africa ai cellulari

Scendendo in buchi come questo, uomini e bambini in Congono scavano a mani nude per estrarre coltan e casserite, i minerali con cui sono fatti i nostri telefonini

ROMA- Perché si chiamano minerali conflittivi il coltan e la cassiterite, quei i minerali che sono nel nostro telefono cellulare, nel nostro smartphone, nel nostro tablet, solo per fare qualche esempio di apparecchiature elettroniche nel nostro uso quotidiano?

Significa che provengono da zone in cui ci sono conflitti, da Paesi in cui c’è la guerra e che a estrarli dalle viscere della terra sono migliaia di uomini e bambini: i “nuovi schiavi 2.0”, come sono stati definiti in un articolo del sito buenobuonogood.com che sembra dedicato a tutti quelli che non vivono se non hanno l’ultimo tipo di cellulare uscito sul mercato, a quelli che considerano vecchio un cellulare o un computer o un tablet che ha solo un anno di vita e a tutti quelli che non sanno cosa significa sostituire un oggetto solo quando non funziona più.

Coltan e cassiterite sono i minerali nei nostri scintillanti telefonini, quelli con cui mandiamo messaggi d’amore, auguri di compleanno, quelli che ci permettono di restare connessi col resto del mondo, di comunicare con chi vogliamo e quando vogliamo: la maggior parte proviene dal Congo, o meglio, dalla Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) dove c’è (ancora) la guerra.

È una guerra che ha avuto inizio dal momento in cui il Congo ha avuto l’indipendenza dal Belgio, cioè dal  1960, e non è mai praticamente finita, anche se ufficialmente terminata nel 2003 con l’istituzione del Governo di transizione della Repubblica Democratica del Congo.

Appena pochi mesi fa, nel maggio 2015, sono stati uccisi due caschi blu in un attacco dei ribelli sferrato a Beni, nel Nord Est del Paese.

Una guerra che dura da cinquantacinque anni, più di mezzo secolo. Noi non possiamo immaginare che cosa significhi.

Com’è possibile che un Paese come il Congo possa sostenere una guerra per così tanto tempo?

L’Africa tutta è un continente ricco di risorse naturali, e il Congo è ricco di minerali che servono alle industrie elettroniche occidentali: le spese militari potrebbero avere trovato il loro sostegno proprio nel commercio di questi minerali col mondo occidentale, e difatti  gran parte del conflitto si è concentrato sulla conquista e il controllo delle abbondanti risorse naturali del Congo. Se noi occidentali compriamo, laggiù la guerra può continuare.

Coltan e cassiterite servono per fabbricare i nostri cellulari e noi, comprandoli e usandoli, ci rendiamo complici indiretti, e per la maggior parte inconsapevoli , di uccisioni e violenze di ogni genere.

Perché la guerra, e la lotta per il controllo delle risorse, ha dei noti e inseparabili compagni : fame, disperazione, repressione, stupri, esecuzioni sommarie, sfruttamento disumano.

È questo che subiscono gli scavatori di coltan e cassiterite: adulti e bambini che scavano alla ricerca dei preziosi minerali per guadagnarsi l’essenziale per vivere, per non morire di fame, per il sogno di potersi costruire una casa, forse un giorno anche una famiglia.

Le zone dei giacimenti dove sono le miniere dai cui si estraggono coltan e cassiterite  sono controllate dai militari, dai membri  delle Forces Démocratiques pour la Libération du Rwanda (FDLR), uno dei più sanguinari e violenti gruppi di combattenti africani.

Nel 2010, il regista danese Frank Piasecki Poulsen è andato in Congo per vedere con i suoi occhi, è entrato in una di questa specie di miniere ed ha girato il documentario “Blood in the Mobile” per far conoscere al mondo cosa c’è dietro alle materie prime dei nostri cellulari, da dove vengono e come sono estratte.

Bambini e adulti che si calano in pozzi che sono veri e propri buchi nel terreno per scavare ad oltre cento metri di profondità.

Buchi nel terreno, non miniere, neanche le peggiori del nostro occidente.

Lì si muore per colpa delle frane, per asfissia, per il troppo lavoro o anche perché giustiziati dai membri della FDLR.

Qui si scava a mani nude. Per ogni chilo di materiale estratto gli scavatori pagano una quota ai guerriglieri. Quello che riescono a estrarre se lo caricano sulle spalle in sacchi di venti, trenta, anche cinquanta chili e vanno a piedi fino a Goma. Camminano per due giorni per arrivare a Goma, città di confine col Ruanda e punto di raccolta dove i minerali vengono smistati e registrati per la prima volta in via ufficiale. Da Goma i minerali partono su piccoli aerei ed elicotteri per il Ruanda, l’Uganda, la Tanzania, il Kenya, il Burundi.

Lì le multinazionali europee, asiatiche ed americane li comprano attraverso degli intermediari e li portano nelle fabbriche dove si producono i nostri cellulari.

Prima di questo momento c’è solo il buio totale, nessun documento, quindi nessuna traccia della provenienza, nessun collegamento con la FDLR né con gli scavatori.

Nessun collegamento diretto è quindi possibile tra le multinazionali dell’elettronica e le miniere controllate dai guerriglieri del FDLR, però il minerale è necessario per costruire i telefonini, il minerale si vende perché c’è chi lo compra e la guerra e le violenze continuano.