Russia, esplosione durante un test missilistico: paura di radiazioni fino alla Norvegia

di Maria Elena Perrero
Pubblicato il 12 Agosto 2019 - 09:54 OLTRE 6 MESI FA
Esplosione ad Arkangelsk, in Russia

(Foto Ansa)

MILANO – Sono ormai passati quattro giorni dalla potente esplosione avvenuta alle 9 di giovedì 8 agosto su una chiatta al largo di Severodvinsk, città chiusa per l’alta presenza di impianti strategici nella regione di Arkangelsk, nel nord della Russia. Le informazioni vengono centellinate e la paura tra gli abitanti della zona di una possibile fuga di radiazioni non ottiene ragioni per placarsi. E si diffonde nella vicina Norvegia. 

Dopo il consueto silenzio iniziale la Rosatom, il colosso nucleare russo, ha confermato che cinque suoi specialisti sono rimasti uccisi nell’esplosione che si è verificata nel corso di “un test missilistico“, come si è potuto constatare anche dai dati registrati dalla CTBTO (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty Organization) di Vienna. Il bilancio delle vittime è salito a sette, mentre altri sei feriti sono stati portati a Mosca su due aerei e ricoverati nel centro biofisico nazionale di Burnazyan con sintomi di “esposizione alle radiazioni”.

Il viaggio dei sei feriti, anche questo inizialmente segreto, è stato ripreso dal canale telegram Baza che ha diffuso un video che mostra le ambulanze con i portelloni sigillati da teli di plastica e sostiene che gli stessi autisti indossassero le tute di protezione contro gli agenti chimici.

Le informazioni ufficiali diffuse da Rosatom parlano di un test condotto su una “piattaforma marittima” al largo delle coste di Severodvinsk. “Il propellente del missile ha preso fuoco e successivamente è esploso, provocando un’onda d’urto che ha gettato in mare diversi nostri specialisti: le ricerche sono continuate fino a quando non si è esaurita la speranza di trovare i sopravvissuti”. Sempre Rosatom ha fatto poi sapere che i suoi specialisti stavano “conducendo ricerche sulla propulsione del missile con radionuclidi”. E infatti nella zona Greenpeace ha registrato picchi di radiazioni venti volte superiori al consentito, anche se le autorità hanno continuato a sostenere che siano innocui.  

Le prime ipotesi farebbero pensare che l’esplosione sia legata allo sviluppo del missile a propulsione nucleare 9M730 Buresvestnik (codice Nato: SSC-X-9 Skyfall), una delle nuove armi volute dal presidente Vladimir Putin in seguito alla rottura del trattato INF con gli Stati Uniti. 

Gli abitanti della zona di Arkangelsk fanno scorta di iodio per cercare di ridurre i possibili effetti delle radiazioni. A destare sospetti su una possibile fuga radioattiva è anche il fatto che le autorità abbiano chiuso per un mese al traffico marittimo un’area della baia di Dvina nel Mar Bianco senza spiegare il motivo. Al momento, però, si tratta, appunto, di sospetti e ipotesi. Le notizie ufficiali, come spesso in casi simili, potrebbero non arrivare mai. (Fonti: Ansa, Moscow Times)