Sakineh cena con i figli, attacca giornalisti e avvocati. Forse impiccata, non più lapidata per adulterio (l’omicidio vale solo 10 anni)

Pubblicato il 2 Gennaio 2011 - 00:00 OLTRE 6 MESI FA

Sakineh Mohammadi Ashtani, l’iraniana condannata alla lapidazione per adulterio, il giorno di capodanno è uscita in permesso dal carcere di Tabriz per vedere i figli, cenare con loro in una residenza controllata e incontrare un gruppo di increduli giornalisti stranieri ai quali ha detto che vuole essere ”lasciata in pace”.

In una conferenza stampa che a molti è parsa surreale, la donna diventata simbolo della difesa dei diritti umani ha preannunciato querele contro i due reporter tedeschi in carcere in Iran dallo scorso ottobre per essersi occupati di lei senza autorizzazione, contro Mohammad Mostafaie, una legale che ha seguito il suo caso, contro Mina Ahadi, l’attivista residente in Germania che si è interessata a lei, e anche contro l’ex amante che l’avrebbe coinvolta nell’uccisione di suo marito.

Ha detto davanti agli allibiti reporter: ”Ho i miei motivi per fare queste denunce, ci tenevo a parlare al mondo perché in molti hanno strumentalizzato questa situazione, meglio che mi lasciate in pace, perché volete disonorarmi?”.

Vestita con una mantella nera e con un foulard marrone in testa, Sakineh è restata con i giornalisti per meno di 10 minuti. Ai reporter non è stato concesso di rivolgerle domande. Poche ore prima, nella stessa residenza controllata messa a disposizione dall’autorità giudiziaria di Tabriz, nel nord dell’Iran, era stato il figlio Sajjad Ghaderzadeh a parlare. Davanti alla stampa internazionale ha riconosciuto la colpevolezza della madre ma ha anche chiesto che la sentenza alla pena capitale venga commutata.

Sakineh, 43 anni, è stata condannata a morte nel 2006 per coinvolgimento nell’uccisione del marito e alla lapidazione per adulterio. La prima pena è stata trasformata in 10 anni di reclusione in appello nel 2007 ma la seconda è stata confermata lo stesso anno da un’altra corte d’appello. Nel luglio scorso la giustizia iraniana ha sospeso la condanna alla lapidazione in attesa di un riesame.

La vicenda ha sollevato un’ondata di proteste in Occidente e una forte mobilitazione dei governi, con Francia e Italia in prima linea. Sajjad Ghaderzadeh e l’avvocato di Sakineh, Hutan Kian, sono stati arrestati il 10 ottobre insieme con due tedeschi che si erano recati a Tabriz, spacciandosi per turisti, per intervistarli.

Il figlio della donna, che in precedenza aveva proclamato l’innocenza della madre, ha detto oggi di essere stato rilasciato su cauzione il 12 dicembre. Tra un colpo di scena e l’altro, intanto, sono circolate voci non confermate secondo cui la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, avrebbe dato il nulla osta all’impiccagione della donna e avrebbe ”consigliato” di eseguirla nella prima settimana del 2011.

Michael Backhaus, il vice-direttore domenicale tedesco Bild Am Sonntag, è rimasto stupito dall’annuncio della querela contro i due suoi reporter: “E’ stupefacente che una donna condannata a morte in Iran possa lasciare per qualche ora il carcere per informare il mondo che intende denunciare due giornalisti che si stavano occupando del suo caso”.

Analoga reazione è venuta da Mina Ahadi, l’attivista alla guida di un Comitato contro la lapidazione con sede a Colonia che si batte da tempo per Sakineh: “Penso che sia sottoposta a enormi pressioni da parte del regime islamico”.

Secondo l’agenzia Reuters, non è chiaro se dopo aver cenato con i figli e dopo avere incontrato i reporter Sakineh sia stata riportata nella sua cella nel carcere di Tabriz.