NUOVA DELHI – Tomaso Bruno e Elisabetta Boncompagni, gli altri due italiani detenuti in India oltre i marò, sono liberi: la Corte suprema indiana ha annullato pronunciata dall’Alta corte dell’Uttar Pradesh, disponendone l’immediata liberazione. Potrebbero tornare in Italia già nel weekend. La sezione n.12 della Corte suprema, presieduta da Anil R. Dave, ha dichiarato che “la sentenza dell’Alta corte è messa da parte” e ha stabilito che gli autori dell’appello “siano subito rimessi in libertà”. L’ambasciatore d’Italia Daniele Mancini, presente in aula, ha espresso “grande soddisfazione per il risultato ottenuto”. Bruno e Boncompani erano in carcere dal febbraio 2010 con l’accusa di aver ucciso a Varanasi il loro compagno di viaggio Francesco Montis.
Subito dopo aver appreso la decisione della Corte suprema, l’ambasciata d’Italia ha avviato le procedure per ottenere il loro rilascio dal carcere e disporne il rientro in Italia. La madre di Bruno, Marina Maurizio, è stata subito informata dell’esito favorevole del ricorso, mentre i legali della famiglia si sono messi al lavoro per ottenere copia della sentenza con cui chiedere alle autorità giudiziarie e penitenziarie dell’Uttar Pradesh il rilascio dei due italiani dal carcere di Varanasi. E’ possibile che per finalizzare queste procedure siano necessarie almeno 24 ore, dopodiché, una volta riottenuti i passaporti, sarà possibile farli rientrare in Italia. Fonti legali indiane hanno indicato che “in teoria” la Procura dell’Uttar Pradesh potrebbe chiedere in esxtremis una ‘review’ (revisione) della sentenza di annullamento della condanna all’ergastolo, ma che tale ipotesi ” è praticamente esclusa”.
Una “grande gioia” ed il riconoscimento che alla fine “il sistema giudiziario indiano ha dimostrato di funzionare” sono stati espressi da Marina Maurizio, madre di Tomaso Bruno. “E’ una bellissima notizia – ha detto all’Ansa per telefono – tenendo anche conto del fatto che conoscendo l’India uno non può mai farsi illusioni”.
“Stavo pensando di venire nei prossimi giorni in India – ha ancora detto – ma oggi l’ambasciatore (Daniele) Mancini mi ha detto di aspettare un momento perché forse il rientro dei due potrebbe essere abbastanza veloce”. Riflettendo poi ancora sulla decisione della Corte Suprema di “mettere da parte” il giudizio dell’Alta Corte di Allahabad, Marina Maurizio ha sostenuto che “è davvero una sentenza importante, perché ne cancella ben due di altrettanti gradi di giudizio inferiori. Per questo i nostri legali ci avevano invitato alla prudenza”. In definitiva, ha concluso, “non posso neppure dire che si sia trattato di una giustizia indiana lenta, perché nel nostro caso in cinque anni sono stati percorsi tre gradi di giudizio, e il terzo, in Corte Suprema, è stato il più rapido di tutti”.