Usa, chi è Cesar Sayoc, Unabomber: ex spogliarellista ossessionato dal fitness

Cesar Sayoc Unabomber
Usa: chi è Cesar Sayoc, l’Unabomber che voleva colpire i democratici con pacchi bomba

WASHINGTON – Preso l’Unabomber: e’ un ardente fan di Donald Trump e, come lui, sui social aveva attaccato quasi tutti i destinatari dei pacchi bomba, a partire dal finanziere progressista George Soros, Il primo a riceverne uno. Ma il presidente si chiama fuori: “Non ho nessuna colpa”. E non chiamerà nessuno dei bersagli.

Gli Stati Uniti tirano comunque un sospiro di sollievo dopo che altri due pacchi bomba intercettati ieri, venerdì 26 ottobre, avevano aumentato l’allarme in tutto il Paese, a meno di due settimane dalle elezioni di Midterm. Nel giro di 48 ore l’Fbi ha arrestato quello che per adesso è considerato il principale sospettato, incastrato da impronte e tracce di Dna lasciate sui pacchi: è un uomo bianco di 56 anni, Cesar Sayoc, nato a New York, dove ha conservato vari legami, ma domiciliato ad Aventura, a qualche decina di chilometri da Miami, Florida, da dove sono stati spediti molti dei pacchi.

Sayoc è un ex spogliarellista ossessionato dal fitness, che aveva come sogno nel cassetto quello di diventare lottatore professionista. Aveva anche problemi con l’uso di steroidi. Ora rischia sino a 48 anni di carcere per cinque reati federali, tra cui l’invio di sostanze esplosive e minacce ad ex presidenti (Obama e Clinton). Gli ordigni trovati finora nei pacchi sospetti “non erano finti ma contenevano materiale potenzialmente esplosivo”, ha rivelato il direttore dell’Fbi Chris Wray, ammonendo che potrebbero essercene altri in circolazione. Il movente? Ancora troppo presto per parlarne, ha aggiunto.

Sayoc ha alle spalle una storia piena di precedenti penali e almeno 8 arresti, non solo per furto, frode e droga ma anche per una minaccia bomba nel 2002 (un anno e mezzo con la condizionale). Risulta registrato come repubblicano. Una cinquantina di agenti lo ha arrestato in un parcheggio nel suo furgone bianco, dove viveva dopo che i genitori lo hanno cacciato da casa. Un furgone tappezzato di foto di Trump, simboli della presidenza Usa, bandiere americane, slogan contro i “media disonesti” e un adesivo offensivo verso la Cnn, destinataria di due pacchi esplosivi e uno dei bersagli preferiti del tycoon, come tutti quelli cui erano indirizzati gli ordigni sospetti per posta: da Barack Obama a Hillary Clinton, dall’ex capo della Cia John Brennan al premio Oscar Robert De Niro.

Circostanze imbarazzanti per il presidente, che poche ore prima dell’arresto sembrava aver abbracciato la teoria cospirativa alimentata da opinionisti di destra, secondo cui si trattava di “bombe false” e di una campagna democratica per sabotare il Grand Old Party. “I repubblicani stanno facendo così bene nel voto anticipato e nei sondaggi, ed ora accade questa cosa della ‘Bomba’ e il momento favorevole frena. Le notizie ora non parlano di politica. Molto spiacevole quello che sta succedendo. Repubblicani, uscite e votate!”, aveva twittato. Dopo la svolta però, Trump è stato costretto a correggere il tiro. “Li perseguiremo, lui, lei, chiunque possa essere, con la massima severità prevista dalla legge”, ha promesso alla Casa Bianca, ringraziando l’Fbi per il lavoro “incredibile” e “rapido”.

“Non consentiremo mai che la violenza politica si radichi in America e sono impegnato a fare tutto ciò che è in mio potere come presidente per fermarla, e per fermarla ora”, ha aggiunto, rilanciando la necessità di unire il Paese. Ma è lo stesso refrain che ripete da giorni, salvo poi smentirsi su Twitter e nei comizi, attaccando violentemente i suoi oppositori e i media. Da accertare ancora se l’arrestato è un ‘lone wolf’, un lupo solitario che ha agito da solo, come pare, o se abbia dei complici. Se però fosse confermato il suo profilo di supporter fanatico di Trump, democratici e media liberali avrebbero gioco facile a ribadire che la retorica incendiaria del tycoon può essere pericolosa.

L’arresto di Sayoc è arrivato poco dopo la scoperta di altri due pacchi bomba, uno in Florida per il senatore dem Cory Booker e l’altro a New York per l’ex capo della National Intelligence James Clapper, presso la redazione newyorchese della Cnn, di cui è spesso ospite. Entrambi sono voci critiche verso il tycoon. Altri due pacchi sospetto sono stati intercettati in California dopo l’arresto: il primo per il miliardario Tom Steyer, donatore dei dem, noto per aver chiesto l’impeachent del presidente, il secondo per la senatrice dem Kamala Harris. In tutto sono 14.

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