Diffamò Alemanno con una e-mail su uno stupro, condannata Palombelli

Pubblicato il 8 Giugno 2010 - 17:55 OLTRE 6 MESI FA

Barbara Palombelli

Hanno offeso la reputazione del sindaco Gianni Alemanno con una lettera pubblicata sul sito Dagospia con cui si accostava il nome del primo cittadino di Roma, in quel periodo in piena campagna elettorale per il Campidoglio, allo stupro compiuto il 16 aprile 2008 a La Storta ai danni di una ragazza del Lesotho.

E’ quanto ha stabilito il Tribunale di Roma condannando la giornalista Barbara Palombelli, l’ex assessore regionale, Mario Di Carlo e Nicoletta Ercole, a pagare una multa pari a 680 euro ciascuno. Il pm Attilio Pisani aveva sollecitato una condanna a tre mesi di reclusione.

Stralciata invece la posizione di Roberto D’Agostino: il gup ha infatti disposto la trasmissione degli atti alla Procura di Milano ritenendola competente per territorio stante la registrazione nel capoluogo lombardo della testata on line. La sentenza è stata emessa, con rito abbreviato, dal gup Marina Finiti, lo stesso che il 17 dicembre 2008, condannò a 11 anni di reclusione Ioan Rus, lo straniero accusato di aver abusato dalla ragazza a La Storta.

“Con questa decisione del gup – l’avvocato Claudio Ferrazza, legale di Alemanno – è stato stabilito che l’attuale sindaco non ha sfruttato, montandolo nel corso della campagna elettorale, un gravissimo episodio di violenza sessuale”.

La lettera ‘incriminata’, secondo l’accusa, è stata scritta da Di Carlo, quindi inoltrata alla Ercole che a sua volta l’ha fatta avere alla Palombelli, la quale l’ha inviata al sito dagospia.excite.it che l’ha pubblicata il 23 aprile 2008. “Come può un rumeno senza fissa dimora, mezz’ora dopo aver aggredito la povera ragazza nei pressi della stazione – si legge nel testo riportato nel capo d’imputazione – alla Storta riuscire ad avere come difensore l’avvocato Francesco Saverio Pettinari, famoso penalista, iscritto in gioventù all’Msi? Agata Christie faceva dire a Poirot che quando ci sono tre coincidenze diventano un indizio”. In questo modo, per l’accusa, si faceva “figurare l’onorevole Alemanno quale mandante e comunque coinvolto nel grave fatto delittuoso ai danni della studentessa aggredita”.

“State attenti a ciò che scrivete nella vostra corrispondenza con amici via web, se le vostre chiacchiere a cuor leggero, finiscono sulla stampa possono diventare reato. Per questo sono stato condannato, insieme ad altri, ovviamente, per diffamazione nei confronti del sindaco Alemanno in merito alla vicenda dello stupro avvenuto il 16 aprile 2008 a La Storta ai danni di una ragazza del Lesotho”: l’ha detto il Consigliere regionale del Lazio Pd Mario Di Carlo, che annuncia che ricorrerà “in appello”.

“La sentenza stabilisce di fatto che una conversazione privata tra amici nella quale si sottolineavano le strane coincidenza del caso è penalmente rilevante tanto da portare ad una condanna. E’ un principio aberrante – sottolinea Di Carlo – perché mette in discussione le fondamenta stesse dello Stato di diritto in Italia. In base a questo sentenza infatti da oggi sarebbe penalmente perseguibile qualunque discussione al bar, perche di questo si trattava, con la sola differenza che il bar era internet, e le chiacchiere erano e-mail. Praticamente siamo tornati ai tempi dei manifesti che dicevano ‘Taci il nemico ti ascolta’. E’ un precedente gravissimo – spiega – e dunque ricorrerò in appello. Esprimere opinioni via web , per quanto discutibili, non può essere reato altrimenti lo è qualunque discussione in ogni dove”.