Donne dìimpresa, Anna Gaudenzi e l'impegno di vendere arte a Genova e ai genovesi Donne dìimpresa, Anna Gaudenzi e l'impegno di vendere arte a Genova e ai genovesi

Donne dìimpresa, Anna Gaudenzi e l’impegno di vendere arte a Genova e ai genovesi

DONNE D’IMPRESA: Ambra Gaudenzi: una storia speciale, ma non poteva che essere così quella di Ambra Gaudenzi, figlia d’arte a tutti gli effetti.

La passione per l’arte è il minimo comune denominatore e  il vero motore vincente della famiglia  Gaudenzi. Era il novembre 1967 quando Alf Gaudenzi, insieme alla moglie Piera, rispettivamente il padre e la madre di Ambra, aprirono la prima galleria genovese dedicata alla grafica.

Una vita di passione, arte, idee innovative unite al fiuto lungimirante per una cultura nuova, in divenire, quella di Ambra Gaudenzi, che continua ad essere un importante punto di riferimento per artisti di ogni genere, nonostante il Covid e la crisi generale.

Una passione per l’arte ereditata dal padre  e continuata anche con la grande forza della madre

Ambra Gaudenzi – infatti –  è ancora e sempre fiera di proporre in galleria le grafiche del padre, anni ‘20-’30, legate al Futurismo così come anche le ceramiche realizzate negli anni ‘50-‘60, di cui continua a proporre esemplari su calchi. È un mondo di artisti che sopravvivono nonostante le difficoltà dei tempi. Le chiediamo:

Quale il futuro?

Il futuro è fatto dalle nuove generazioni e qui al Vicolo siamo alla terza, con i miei figli, Martina e Stefano Gagliardi, insieme a dei giovani collaboratori. È bello che l’attività prosegua attraverso i giovani che hanno ereditato la cosa più importante nella vita e nel lavoro, la passione. La passione per l’arte è stata il fulcro, insieme a un deciso spirito imprenditoriale da parte di mia madre, della crescita della nostra galleria.

In tutti questi anni, dal 1967 a oggi, abbiamo sempre ampliato l’attività, sia attraverso l’apertura di nuovi spazi – l’ultimo nel 2014 a Milano – sia diversificando, pur all’interno del nostro ambito, l’offerta.

L’idea di affiancare alla galleria tradizionale  ha una  sua programmazione di esposizioni temporanee sia di artisti affermati che di giovani, uno spazio maggiormente dedicato alla vendita di grafica e di multipli d’arte, è stato un elemento vincente. Questa parte con i miei figli si sta ulteriormente rafforzando, anche attraverso la vendita online e l’utilizzo dei social come strumento di comunicazione.

Ora possiamo dire che il nome della galleria è anche in Indonesia, a Bali, dove abbiamo due residenze per artisti che possono essere l’inizio di una ulteriore espansione. Il fermento e l’entusiasmo che, nonostante il periodo non facile, anima la galleria oggi, è già la testimonianza di un futuro in essere.

Lei nella vita voleva fare la ballerina, l’archeologa, la scrittrice: ha pubblicato il romanzo “Amiche in alto mare” (Sperling e Kupfer)

Da artista si è trovata ad essere manager, insieme alla madre in un mercato non sempre facile. Qual è il segreto del successo della sua galleria?   

Da bambina, visto che avevo un padre che era un artista, tutti mi chiedevano “Da grande farai la pittrice, vero?”. Domanda alla quale non potevo dare una risposta in quanto davanti a un foglio bianco non avevo veramente nulla da esprimere.

Mi piaceva invece scrivere, desiderio che ho potuto da adulta realizzare come autrice. Sicuramente non avrei mai pensato di poter condurre un’attività che presupponesse una parte manageriale e commerciale. In questo gli insegnamenti di mia madre sono stati fondamentali.

Mi ha insegnato ad affrontare il lavoro facendo fronte alle difficoltà sempre guardando avanti, con onestà e semplicità. Il successo della galleria è dovuto alla formula che è stata sempre perseguita fin dall’apertura e cioè quella di una galleria d’arte aperta ad un pubblico più ampio rispetto a quello delle gallerie tradizionali, senza per questo togliere nulla  alla qualità di quanto proposto.

Il fatto di aver affiancato alla galleria anche la produzione di grafiche d’autore con le Edizioni d’arte Il Vicolo è stato un ulteriore fattore del successo dell’attività, un modo appunto per avvicinare un pubblico più giovane, spesso senza grandi possibilità economiche ma interessato all’arte. Come ha sempre insegnato mio padre, meglio una bella opera grafica di un brutto quadro. Così, a fianco delle opere di artisti ormai storicizzati, e su tutti faccio l’esempio di Emilio Isgrò, il nostro pubblico giovane può acquistare una grafica dello stesso autore, a tiratura limitata, con un investimento decisamente ridotto.

Cosa consiglierebbe a qualche giovane imprenditrice che vuole investire in un settore così “di nicchia” come il suo?

Per aprire una galleria oggi ci vogliono maggiori competenze di un tempo. Bisogna, oltre che alla conoscenza della storia dell’arte, essere sempre molto informati su quanto succede in questo mondo e avere anche competenza amministrativa.

Spesso si ha una visione piuttosto “romantica” di questo lavoro. A una giovane imprenditrice consiglierei prima ancora di aprire una galleria d’arte, di visitarne un certo numero per cercare di capire quale potrebbe essere il suo modo di sviluppare il lavoro e per capire i meccanismi intrinseci.

Già dall’apertura dovrebbe avere ben chiaro il programma da seguire e perseguirlo. È un’attività che ha un alto fattore di rischio, se si conduce in maniera seria, dunque senza nulla chiedere agli artisti ma scegliendoli e ospitandoli in galleria. E qui entra in gioco la passione, bisogna averne molta per “tenere duro”!

Aidda, (Associazione Donne Imprenditrici e Dirigenti d’Azienda),  ha proposto collaborazione e aiuto per le povere donne afghane.

Purtroppo la tragedia afghana ha ferito tutti noi e da donna, ancor più donna Aidda, sono rimasta addolorata, oltre che per la vita reale di questo popolo, per la segregazione culturale che ha colpito duramente le donne afghane. Non poter proseguire gli studi o dover abbandonare le proprie aspirazioni è qualcosa di terribile e poter dare un aiuto e qualche forma di collaborazione sta nello spirito e nel sentimento delle donne che fanno parte di Aidda.

Ho seguito con attenzione alcune delle artiste afghane che sono scappate dall’Afghanistan, che oggi fuori dal loro Paese cercano di proseguire il loro lavoro artistico che a questo punto ha una componente politica di critica e di denuncia. In effetti sarebbe importante poter portare il loro messaggio attraverso il canale della galleria. Parlandone con mia figlia abbiamo pensato che potrebbe essere un modo, oltre che per valorizzare l’artista, anche per sensibilizzare maggiormente il pubblico su questa tragedia.

La grande Genova di oggi, con l’acquario e i famosi “carruggi” rinnovati e così caratteristici anche per i turisti, potrà reggere la grande sfida dei tempi sempre più difficile per quanto riguarda soprattutto il mondo degli artisti e della cultura?

Ho imparato a vedere la mia città prima attraverso gli occhi di mio padre che amava moltissimo Genova, e in seguito attraverso gli occhi degli artisti che hanno frequentato la nostra galleria. Dunque, uno sguardo sicuramente attento e al di fuori degli schemi. Occhi che sapevano vedere quello che ad altri sfuggiva. Perché Genova, soprattutto un tempo, non era una città facile da scoprire.

Oggi, grazie al rinnovamento degli ultimi trent’anni, la città si mostra invece in tutta la sua bellezza anche se parte del suo fascino sta ancora proprio in quella parte celata che solo occhi di buona volontà possono svelare. Credo che sia una città che come è riuscita a trasformarsi da città industriale a città a vocazione turistica, abbia in sé la possibilità di reggere la sfida dei tempi. Forse non in maniera appariscente ma, come nel carattere stesso della città e dei suoi abitanti, senza clamore.

Lo stesso può valere per quanto riguarda il mondo dell’arte e della cultura, anche se sicuramente ci sarebbe bisogno di un maggiore investimento sulla cultura e sui giovani. Una città vivace culturalmente è una città che guarda al futuro. E le potenzialità penso ci siano, nonostante le grandi difficoltà di questi tempi.

Non solo arte ma anche qualche libro, nonostante le tecnologie digitali che sembrano voler abolire la nostra vecchia amata carta stampata che però fa  parte della nostra storia e cultura.

Ha in mente di scrivere qualche altro libro, o Le “Amiche in altomare” sono state un’esperienza unica?

L’amore per la carta fa parte della mia vita. Disegni, acquarelli, incisioni e infine i libri, l’altra mia passione. Nonostante la tentazione di lasciarmi prendere dalla comodità della tecnologia digitale, mi piace sempre molto di più avere un libro per le mani, poterlo sfogliare e leggere pagina dopo pagina. Scrivere è sempre stato un mio desiderio, che ho realizzato con “Amiche in alto mare”, diario di bordo di un gruppo di amiche in barca a vela. Mi sono molto divertita a scriverlo e mi ha fatto molto piacere che abbia avuto successo. Mi era stato chiesto anche il seguito ma non è facile conciliare il lavoro di gallerista con la scrittura che richiede, almeno per quanto mi riguarda, molto tempo a disposizione, silenzio e testa libera. In realtà oggi sto scrivendo una piccola storia legata alla mia infanzia. Scrivo nella mia casa di campagna, un luogo senza tempo, ideale per mettere insieme dei pensieri ma anche lì circondata di libri e quadri perché è proprio così, non ne posso fare a meno!

 

 

 

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