Visti dal Wall Street Journal. Giusti i tagli di 25 miliardi. I problemi restano crescita e produttività

Pubblicato il 9 Dicembre 2010 - 14:51 OLTRE 6 MESI FA

“Tightening the belt” dicono gli americani: in Italia l’espressione la conosciamo bene, vuol dire “stringere la cinghia”. Il Wall Street Journal punta i riflettori sulla situazione economica italiana sottolineando l’approvazione di tagli di bilancio pari a 25 miliardi di euro per i prossimi due anni. Una misura di austerità che il governo Berlusconi ha introdotto per stabilizzare le finanze pubbliche e proteggere il debito sovrano dal nervosismo dei mercati.

L’autorevole quotidiano economico segnala la gravità del momento: il provvedimento in questione giunge a meno di una settimana da un voto cruciale per la stessa sopravvivenza del governo. Il fatto che sia stato approvato è un elemento di forte garanzia sulla tenuta dei conti, con il congelamento di trasferimenti finanziari a città e regioni e i tagli al settore pubblico.

Tagli che sono un messaggio indirizzato a quegli investitori che stanno vagliando i segnali di debolezza fiscale in Italia e altre nazioni della “periferia” europea. All’inizio del mese anche l’Italia era stata toccata dalla tempesta della crisi del debito: lo spread dei titoli di stato italiani comparati a quelli tedeschi aveva raggiunto livelli di guardia. Tuttavia l’allarme è rientrato, in definitiva i fondamentali sono a posto, a parte uno fra i più alti livelli di debito pubblico europeo (118% del Pil).

Il paese, secondo il Wall Street Journal, non rischia di non mantenere gli impegni di tagli e riduzioni del debito. Nemmeno se dovesse cadere Berlusconi. Le note dolenti arrivano da i problemi strutturali di quella che resta la terza economia del continente. A parte il debito preoccupa la sistemica incapacità dell’economia di crescere, la mancanza di competitività, e la rigidità del mercato del lavoro.

Poca crescita e poca competitività sono strettamente legati e incidono sulla produttività: le aziende sono troppo piccole per ottenere benefici dalle economie di scala, per fare grossi investimenti, per puntare sulla ricerca. Secondo l’ultimo rapporto McKinsey la produttività italiana, misurata per ora lavorata, è del 24% inferiore a quella americana e del 10% rispetto alla media europea.

Una riflessione significativa è rivolta al mercato del lavoro: le imprese ricorrono troppo spesso ai contratti a termine, rinunciando a investire sui propri dipendenti. Questa miope scelta incide naturalmente anche sulla produttività. Un esempio è illuminante. Giovanna Ricciuti, 27 anni, sin da quando si è laureata due anni fa, è stata assunta numerose volte sempre e solo per tre mesi. “Ho lavorato al consolato italiano a Sidney, in una azienda del turismo, in una azienda di vini e in una organizzazione non governativa sulla malnutrizione nel mondo. Non mi sono mai sentita parte di qualcosa. E non so come riuscirò a pagare l’affitto.”