Meredith, Raffaele Sollecito si commuove: “Io perseguitato, Amanda mio primo vero amore”

FIRENZE  – “Una persecuzione allucinante e senza senso”. Raffaele Sollecito in aula al processo d’appello di Firenze per l’omicidio di Meredith Kercher, racconta la sua verità. “Non sono un assassino spietato. Amanda fu il mio primo vero amore”.

Sollecito, seduto al banco degli imputati, legge tremante la sua autodifesa. “Anche io come la mia famiglia, sono sempre stato una persona onesta”. “Sono cresciuto in una famiglia italiana, per bene, – ha continuato – che mi ha insegnato il massimo rispetto dei valori. La mia famiglia non ha mai avuto problemi con la giustizia”.

“Ho conosciuto Amanda e fu il mio primo vero amore. Fu tardi perché ero riservato”, racconta. “Quando avevamo 20 anni – ha continuato – c’era tutto nella nostra mente fuorché una visione di disprezzo dell’essere umano come ci descrive chi ci accusa”.

Poi con la voce rotta dalla commozione denuncia: “Al momento io una vita reale non ce l’ho”.  E chiede ai giudici di “correggere gli errori” commessi da chi lo ha condannato. Per loro ripercorre tutta la vicenda giudiziaria:

“A Perugia nel novembre 2007 stavo per laurearmi in informatica. Mancava una settimana alla discussione della tesi. Avevo conosciuto Amanda, il mio primo vero amore. Vivevamo una vita spensierata, isolata da tutti: la nostra favola. Adesso mi sento in colpa per non aver preso sul serio questa situazione. Sono stato arrestato per l’impronta di una scarpa, che solo più tardi si è scoperto che era di Rudy Guede. Un coltellino a serramanico indicato come arma del delitto che poi anche questo è stato smentito. Non mi è mai piaciuto l’alcool e non andavo alle feste, anche se mi sono fatto qualche spinello, questo non ha cambiato la mia personalità”.

Nel corso della stessa udienza i giudici hanno ascoltato la perizia del dna trovato su quel coltello sequestrato in casa di Sollecito. La traccia di dna trovata fra l’impugnatura e la lama presenta “notevoli affinità” con il profilo genetico di Amanda Knox, ha detto in aula il perito del Ris nominato dalla corte d’assise d’appello di Firenze. “Supportiamo fortemente – ha detto – che il profilo genetico di Amanda sia presente nella traccia”. Per l’accusa, quel coltello da cucina è l’arma del delitto. La difesa però continua a sostenere che essendo stato sequestrato in casa di Sollecito, all’epoca fidanzato di Amanda può essere stato usato dalla stessa per scopi domestici, in più di un’occasione.

Grande assente al processo Amanda, che ha più volte ribadito di non voler tornare in Italia. I due sono stati condannati in primo grado a 26 e 25 anni per l’omicidio di Meredith Kercher, il cui corpo senza vita fu trovato nella camera da letto del suo appartamento di Perugia, il 2 novembre 2007. Poi assolti in appello nell’ottobre 2011. Si sono visti annullare la sentenza di assoluzione, lo scorso 26 marzo, in Cassazione. Secondo i giudici di piazza Cavour, l’assoluzione era segnata da “carenze e contraddizioni”. Per lo studente pugliese e la ragazza di Seattle, l’incubo ricomincia: il processo è tutto da rifare. La nuova udienza sarà il 25 novembre.

Rudy Guede, intanto è stato condannato con rito abbreviato a 16 anni di carcere per concorso in omicidio e violenza sessuale.

Raffaele Sollecito in Aula (foto LaPresse)

 

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