Usa, crisi editoria. Tempi difficili anche per il New York Times

Pubblicato il 13 Gennaio 2013 - 12:07 OLTRE 6 MESI FA
Il palazzo del New York Times

NEW YORK, STATI UNITI – La crisi dell’editoria negli Stati Uniti non risparmia neanche il più importante e autorevole quotidiano del Paese. Mentre negli Usa due inquietanti rapporti rilanciano l’allarme sul global warming, il giornale decide di chiudere la sua redazione ambiente.

La squadra di sette persone era stata creata nel 2009 e la sua abolizione e’ stata definita ”preoccupante” dai movimenti verdi e dallo stesso Public Editor del quotidiano, (il garante dei lettori) Margaret Sullivan.

I giornalisti non perderanno il posto, ma verranno assegnati ad altre redazioni. Nessuna decisione e’ stata ancora presa sul blog ‘Green’: restera’ in vita se i click ricevuti ne dimostreranno il valore, ha detto il direttore per le news Dean Baquet. ”Non e’ stata una decisione presa alla leggera”, ha dichiarato Baquet alla redazione: ”All’ambiente dedichiamo piu’ risorse che mai e non abbiamo perso interesse per i temi del clima e dell’ecologia. E’ stata semplicemente una mossa organizzativa”.

Fatto sta pero’ che gli ambientalisti sono adesso con i fucili puntati. E che il New York Times, in tempi di crisi dell’editoria, e’ entrato in una fase di profonda ristrutturazione. Il 3 dicembre il direttore esecutivo Jill Abramson ha scritto allo staff informando che l’amministrazione ha reclamato 30 nuove ‘uscite’ per ridurre le spese della redazione. La Abramson aveva dato ai reporter un mese di tempo per decidere se accettare gli incentivi: ma se entro il 24 gennaio non si troveranno abbastanza candidati disponibili ad andarsene volontariamente, ”si dovra’ pensare a licenziamenti”, ha detto la Abramson.

Baquet ha negato che la chiusura della redazione clima sia da collegare con la stretta nel budget: piuttosto e’ la presa d’atto di una profonda mutazione nel modo di raccontare giornalisticamente i temi sull’ambiente. Nel 2009 l’ecologia era considerata una materia ”singola e isolata”: oggi e’ parte integrante del dibattito politico, economico, nazionale e locale. Serve l’apporto di gente di altri desk per dare fiato alla storia nel suo complesso, ha spiegato Baquet.

Tutto bene se non fosse che la notizia della chiusura dell”environmental desk’ ha coinciso con due allarmanti rapporti federali: il primo, di pochi giorni fa, ha rivelato che il 2012 e’ stato per gli Usa l’anno piu’ caldo di sempre. Il secondo, pubblicato in bozza, dal National Climate Assessment, ha preannunciato che le future generazioni di americani potranno aspettarsi di sudare 25 giorni all’anno a temperature oltre i 38 gradi centigradi mentre il global warming trasformera’ il Paese in un luogo sempre piu’ arido e sempre piu’ soggetto a catastrofi naturali.