Letta twitta “abazia” invece di “abbazia”, ma per la Treccani non è sbagliato

di Antonio Sansonetti
Pubblicato il 7 Maggio 2013 - 19:16| Aggiornato il 18 Marzo 2023 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Per una vita abbiamo pensato che abbazia si scrivesse con due b, poi è arrivato Enrico Letta con la sua “abazia” a smontare questa certezza. Succede spesso che i toscani, autoproclamatisi difensori dell’italiano “puro”, considerino valide forme cadute in disuso nel (volgare) resto del Paese. Letta è pisano e non fa eccezione: non si sottrae alla pugna dichiarata dai suoi corregionali contra li violentatori dello italico idioma.

Tutto parte da un tweet del nuovo presidente del Consiglio, questo: “Domenica e lunedì 24 ore di ritiro, in un’abazia in Toscana, solo i ministri. Per programmare, conoscersi, “fare spogliatoio”. Ognuno paga per se”.

L’abazia in questione, per la cronaca, è a Sarteano, in provincia di Siena. Lì si riuniranno Letta e i suoi ministri, riprendendo una tradizione democristiana – il ritiro in convento/abbazia/certosa – che Elio Petri fotografò nel film Todo Modo.

Non solo l’abazia del tweet di Letta è povera di b: c’è anche un se in funzione pronominale orfano di accento. E mentre il se non accentato non trova precedenti neanche nella produzione minore di Guittone d’Arezzo, scopresi che invece l’abazia è una forma in disuso ma comunque contemplata nei dizionari Treccani e Garzanti. In effetti, se a mandare avanti la baracca è un abate, cosa c’è di scorretto nel chiamare quella baracca abazia?

Rimandiamo ad altre sedi il dibattito sulla distinzione (De Saussure) fra langue e parole, fra la lingua scritta e codificata nei vocabolari e la lingua parlata. Per ora sappiate che abazia si può twittare.