Cina: non serve la atomica per distruggere il mondo, basta..

di Giuseppe Turani
Pubblicato il 27 Agosto 2015 - 12:26 OLTRE 6 MESI FA
Cina: non serve la atomica per distruggere il mondo, basta..

Cina: non serve la atomica per distruggere il mondo, basta..

ROMA – Giuseppe Turani ha pubblicato questo articolo anche su “Uomini e Business” con il titolo “I tormenti del dragone”.

Se la Cina volesse, potrebbe distruggere il pianeta. Non con le bombe atomiche, ma semplicemente con la finanza. Basterà un solo dato. Pechino possiede 3600 miliardi (di dollari) del debito americano: se una mattina ne vendesse sul mercato anche solo il 10 per cento, la finanza  mondiale finirebbe in un caos non più gestibile da alcuno. La Cina, inoltre, è uno di più grandi acquirenti di materie prime del mondo: una forte sua crisi economica, ridurrebbe quasi alla fame una serie di paesi che campano vendendo appunto materie prime (petrolio, rame, minerali vari) a Pechino.

Ma  non succederà niente di tutto questo perché il primo soggetto che non vuole disordini finanziari nel mondo è appunto la Cina.

Da eventuali crisi, grandi o piccole, ha tutto da perdere. E per una ragione molto semplice: in Cina la  crescita economica è vitale perché c ‘è ancora una quota enorme (300-400 milioni) di popolazione che vive in miseria. Sviluppare l’economia per assicurare anche a questa parte dei cinesi condizioni di vita decenti è una condizione per non esplodere sul piano sociale e politico.

Eppure nei giorni scorsi le Borse di tutto il mondo sono crollate proprio al seguito di quella cinese. Poi c’è stato un recupero, ma all’inizio (lunedì 24 agosto) la paura è stata tanta. Ma non era una manovra di Pechino: semplicemente la Cina era entrata in crisi, come ogni tanto accade anche agli altri paesi.

E poi si è anche capito più in dettaglio che cosa era successo. Poiché negli anni scorsi l’economia da quelle parti cresceva ma ritmi elevatissimi, una certa quantità di nuovi ricchi cinesi si era messa a speculare in Borsa e nell’immobiliare. Nel  corso dell’ultimo anno, ad esempio, la Borsa era salita del 150 per cento, ben al di là di un giusto valore. E di case se ne son fatte un’enormità: ci sono intere città vuote in attesa di abitanti che forse non arriveranno mai. Inoltre, da mesi i più svelti fra i nuovi ricchi avevano capiti che stava per arrivare una crisi e hanno cominciato a portare fuori i capitali.

A questo punto la crisi  è arrivata davvero. Con le autorità cinesi non molto capaci (sembra) di fare la cosa giusta. I mercati mondiali, europei e americani, hanno avuto il sospetto che tutto fosse fuori controllo e che si sarebbe arrivati a una catastrofe. Da qui il panico e le vendite su tutte le piazze finanziarie.

Ma già il giorno dopo (martedì 25) Pechino ha preso qualche misura (ha abbassato il costo del denaro) e questo ha convinto i mercati che la crisi (benché seria) era comunque gestita. E quindi un po’ di ottimismo è tornato. Inoltre va detto che i crolli un Europa e in America erano stati così improvvisi e esagerati che un rimbalzo era prevedibile.

Tutto finto allora? No. Per niente. La crisi cinese è molto grave e Pechino dovrà sistemare molte cose, se vorrà rimettersi a posto. E poiché quello cinese è uno strano regime, con parecchia libertà economica e quasi nessuna libertà politica, gli aggiustamenti necessari non saranno tanto facili e immediati.

In termini ancora più chiari il problema è questo: la Cina sta cercando di diventare una  normale economia di mercato, ma diretta dal Partito comunista cinese. E questa è una contraddizione interna. Da cui nascono disguidi e crisi. D’altra parte, il Partito comunista non se la sente di fare due passi indietro e lasciare che il mercato faccia il mercato. Ma forse le cose stanno cambiando. Proprio anche grazie a questa crisi, la prima con cui Pechino ha dovuto misurarsi.