Guerra in Ucraina, che differenza c’è fra ieri e oggi, fra il Medio Evo e il mondo di oggi.
L’infelice che il signore del decimo secolo attaccava alla macina del mulino, il contadino che Cesare Borgia faceva legare ad un albero e trafiggeva di frecce per divertire le dame della sua corte, tutti costoro non avevano la nozione astratta della “giustizia” che veniva violata in essi.
I cittadini ucraini bombardati da un esercito invasore, sono invece protetti dalla solenne “Dichiarazione Universale” del 1948. Le Costituzioni dei paesi moderni contengono le affermazioni più solenni, perfettamente conformi alla filosofia politica introdotta con la Rivoluzione francese e dal Bill of Rights.
Troppo spesso le costituzioni non hanno avuto alcuna applicazione concreta se non la guerra.
La Costituzione russa riconosce il diritto all’inviolabilità della persona (art. 22); la libertà di coscienza (art. 28); la libertà di pensiero e di parola e quella di cercare, ricevere, trasmettere, produrre e diffondere l’informazione con ogni mezzo legale (art.29).
Tuttavia, nessuno di questi diritti ha avuto applicazione, come è dimostrato dagli arresti degli oppositori al regime o dalla chiusura dei media indipendenti. L’impiego dei carri armati, degli aerei e dei missili per ottenere la neutralità militare dell’Ucraina, è una bufala, perché i missili e gli aerei della Nato si possono lanciare dalla Polonia o dai paesi baltici con la medesima efficacia.
Se di questo si trattasse, allora la Russia dovrebbe pretendere la neutralità di tutti i paesi europei che appartenevano all’URSS e quindi allargare il perimetro della guerra con l’impiego del nucleare.
Il vero obiettivo di Putin per la guerra
Il vero obiettivo di Putin è quello di dimostrare che la Nato non interverrà militarmente, perché gli europei non rinunceranno mai al loro benessere economico. L’obiettivo di scoraggiare altre “defezioni” verso l’occidente sembra raggiunto anche nell’interesse della Cina, un’impressionante macchina “aziendale”, destinata a vincere tutte le guerre con le “fragili” imprese occidentali, impegnate sul fronte delle regole e delle burocrazie.
La stessa situazione si sta verificando nei paesi dell’Islam che non riconoscono il Valore della “Vita”. La Dichiarazione Universale Islamica dei Diritti Umani del 1981 tutela il diritto all’uguaglianza, al giusto processo, all’onore e alla reputazione, riconosce il diritto d’asilo, la libertà di fede, di pensiero e parola. Tuttavia, il mondo sa che i cittadini di questi paesi subiscono un regime poliziesco di terrore.
Diritti umani violati
Le violazioni dei diritti umani in Russia, nel sud est asiatico, nel medio oriente e in Africa, comportano effetti a cascata. Causando problemi di sempre maggiore gravità in relazione al crescente numero di rifugiati, ai flussi migratori e al traffico di esseri umani.
E proprio gli esodi di massa dall’Ucraina stanno producendo all’Europa un danno non ancora valutabile in termini economici ma certamente di proporzioni enormi. Per quanti conoscono il linguaggio del business non si tratta quindi di una questione etica o geopolitica, ma anche economica.
Le presenti generazioni porteranno la responsabilità di non avere compreso che il rispetto dei diritti dell’uomo è condizione essenziale per la pace. Che la violazione sistematica di essi da parte di un solo governo costituisce una minaccia di guerra per tutti.
Le regole valgono in una piccola parte del mondo
Solo che il mondo si divide tra una minoranza che rispetta i valori liberali e una maggioranza che non è ancora in grado di recepirli. L’unico filo invisibile che unisce i due terzi del globo (Pakistan, India, Cina e teocrazie) con il restante terzo, è il business, indispensabile per lo sviluppo degli stessi paesi capitalisti, disposti ad accantonare i “principi” di fronte ad una commessa remunerativa.
Nessuno storce il naso per il fatto che l‘emiro accompagnato da 12 mogli completamente velate, venga ricevuto negli hotel londinesi con gli onori del sovrano, grazie al fatto che egli acquista gran parte degli immobili, delle squadre di calcio e delle aziende in crisi della city.
Esattamente come i sindaci di molte città italiane conferiscono la cittadinanza onoraria agli oligarchi che investono in ville e panfili nel loro territorio. Si tratta magari degli stessi sindaci che osteggiano il diritto delle semplici donne arabe a portare il burka nelle spiagge.
A seguito dell’invasione in atto, questa tendenza si è come capovolta. Il popolo dei “Social Network” esige che la Coca Cola chiuda gli stabilimenti in Russia, così come la Mercedes e che si interrompano le forniture di gas. Persino gli stilisti italiani rinunciano ai loro atelier. Quanto può durare questa politica che ricostituisce, mutato nomine, gli antichi steccati ideologici?
E’ indubbio che la Russia non potrà resistere nel medio periodo
Si interromperebbe il processo di trasformazione del Paese verso il libero mercato. Non è facile trasformare il pacifico uomo sovietico in “homo oeconomicus”. In passato, l’URSS aveva potuto godere di una rendita nei confronti dei paesi satelliti e dello stesso Occidente.
Non risulta ad esempio che vi siano mai state joint ventures significative tra imprese italiane e sovietiche che abbiano avuto risultati positivi per quelle italiane. Lo schema sovietico a suo tempo mutuato in Italia, era (e resta in gran parte della popolazione russa) quello della grande fabbrica, dei grandi caseggiati, del dopolavoro, della sezione del partito. Luoghi tutti nel cui ambito era più agevole il proselitismo di massa.
In un’epoca in cui gli stessi paesi occidentali attraversano una crisi profonda, una critica fondata sulla fedeltà all’ideale democratico, determinata dalla ricerca di un’etica sociale anziché soltanto economica, deve rimanere la ragione e il fine dei nostri governanti.
Il rispetto sostanziale delle Costituzioni moderne dovrà servire alla collettività per impedire ai regimi di schiacciare l’individuo, di menomarne la libertà fisica, morale, sentimentale, intellettuale. Al di fuori di questi canoni, le Costituzioni diventano un ammasso di teorie fondate sull’osservazione di uno stato di cose ormai scomparso.